Nato: avere un padrone in casa per un pericolo russo che non c’è

di Dario Rivolta * –

Nessuno può dubitare che dalla fine della guerra mondiale alla caduta dell’Unione Sovietica la NATO abbia rappresentato un enorme fattore di sicurezza per tutta l’Europa occidentale.
E’ grazie a quest’alleanza che, nonostante la presenza di un forte Partito Comunista finanziato e sostenuto (anche logisticamente) da Mosca, l’Italia ha potuto godere di una libera democrazia e di uno sviluppo economico all’interno della logica di mercato. Nonostante gli accordi di Yalta, la lotta tra le due super potenze per un maggior controllo sul mondo era continuata per più di quarant’anni e il luogo principe del confronto e del possibile scontro era indubbiamente l’Europa, ove l’Italia rappresentava l’anello politicamente più debole della catena. Fu grazie alla certezza della “copertura” NATO che potemmo permetterci di investire poco nella difesa e favorire altre priorità. Le basi navali, aeree e missilistiche NATO e americane supplivano alla limitatezza delle nostre Forze Armate che si riducevano a fungere da “supporto” potenziale. L’articolo 5 del trattato garantiva a ogni Stato membro che, in caso di attacco da terzi, tutti gli altri associati si sarebbero mossi in sua difesa e quest’assicurazione costituiva una deterrenza da qualsiasi cattivo pensiero del “nemico”.
Certamente, tutto ciò aveva un costo anche per noi. Non sempre evidente ma reale: eravamo sì liberi, ma entro certi limiti. Di fatto, anche se non formalmente, i nostri amici americani mantenevano il diritto di intromettersi nella nostra politica (sia interna che estera), sponsorizzavano alcuni dei nostri partiti, organizzavano alcune strutture armate segrete (vedi Staybehind e Gladio), “seducevano” i nostri alti comandi militari e i nostri “servizi”. Non paghi, controllavano con i satelliti (dapprima Echelon e poi internet) e con le intercettazioni telefoniche ogni nostra comunicazione da loro giudicata interessante, fino a far nascere il sospetto che tali “ascolti” fossero usati anche per lo spionaggio industriale a favore delle loro aziende. Poco male, si potrebbe dire, se tutto ciò era la contropartita per garantirci da possibili invasioni sovietiche e consentirci di pensare allo sviluppo del nostro benessere. D’altronde allora c’era la Guerra Fredda e, fortunatamente, noi stavamo da questa parte e non dall’altra. Le alternative, lo abbiamo visto con sufficiente evidenza, sarebbero state molta minore libertà, miseria diffusa e un “padrone” molto meno raffinato nei modi.
Dal 1989 l’Unione Sovietica si è dissolta e nemmeno la contrapposizione ideologica tra comunismo e libero mercato ha più alcun senso. Come detto nel suo Statuto, la NATO ha una funzione difensiva, e non esistendo più il “nemico”, dovrebbe rimanere più o meno dormiente. E’ vero che ci si è inventati la storia dell’“ingerenza umanitaria”, ma è a tutti evidente che si tratta solo di un pretesto. Chi decide la sua ineluttabilità e quando, come e dove intervenire? Forse qualcuno si auto percepisce come la “polizia del mondo” ma non può certo diventarlo l’Italia e non si capisce perché lo dovrebbe essere un’Alleanza che aveva, e deve continuare ad avere, una vocazione difensiva e territorialmente delimitata.
Si dice però che il pericolo di oggi sia la Russia e ci si deve mobilitare per difenderci dalla sua “aggressività”. Tuttavia, se come la stampa occidentale continua a ripetere, la Russia è alle prese con una grave crisi finanziaria ed economica, dove troverebbe i mezzi per invadere l’Europa?
Nessuno può negare che, nonostante le garanzie contrarie a suo tempo date a Gorbaciov quando acconsentì alla caduta della cortina di ferro e alla riunificazione tedesca, l’espansione a est della nostra NATO fino ai suoi confini non è stata certo un atto di distensione da parte nostra. E non sono stati nemmeno atti di amicizia l’aver pianificato, in nome di una presunta “democratizzazione” (tra l’altro mai realizzatasi in questi Paesi), le “rivoluzioni colorate” in Georgia, in Ucraina e averlo tentato anche in Kirghizistan (senza riuscirci) pur sapendo che si trattava di aree storicamente ed economicamente legate a Mosca. E poi: quando George W. Bush decise nel 2001 di ritirarsi dal Trattato contro la proliferazione dei missili balistici, trattato che aveva garantito la pace sin dal 1972, come pensavamo sarebbe suonato alle orecchie di Putin? Ancora: i missili dispiegati in Romania, in Polonia e i radar in Repubblica Ceca (ufficialmente contro il pericolo iraniano – ma nessuno è così fesso da averlo creduto), a che servono se non a “contenere” la Russia? E le truppe dell’Alleanza stanziate nei Paesi baltici (quattromila unità multinazionali)? Non bastavano forse come eventuale “deterrenza” le cinque basi americane dotate di bombe atomiche dislocate in Belgio, Germania, Olanda, Italia e Turchia? E nemmeno gli ottantamila militari, tutti americani, che da molto tempo se ne stanno in Europa (dichiarazione di Gates, allora Ministro della Difesa USA)? Per non parlare, della recente decisione di fornire al Governo ucraino, che pur non sta rispettando gli accordi di Minsk II, 210 missili antitank Javelin e 37 lanciatori (dal 2017 gli USA hanno dato a Kiev materiale militare per 880 milioni di dollari).
Se non stessimo “da questa parte” e osservassimo in modo neutrale tutti questi fatti, chi definiremmo come “aggressivo”? Dobbiamo stupirci se a Mosca considerano tutti quelli menzionati come atti ostili?
Diciamoci dunque la verità: nessuno crede veramente che la Russia voglia (e nemmeno potrebbe, se mai lo volesse) aggredire l’Europa o invadere gli Stati Baltici. Perché poi dovrebbe farlo? Per scatenare una guerra contro tutta la NATO (vedi articolo 5), guerra disastrosa che, considerate le forze dei due fronti, la vedrebbe certamente sconfitta?
Ma torniamo a noi e cioè alla nostra partecipazione all’Alleanza Atlantica. Chi pensasse che l’Europa di oggi, e soprattutto l’Italia, possa farne a meno si illude. Anche a causa dell’opposizione americana non esiste alcun esercito europeo. Ogni progetto di realizzarne uno si è trasformato in qualcosa di poco più che simbolico e, comunque, subordinato ai comandi a stelle e strisce (vedi Berlin plus e tutti i tentativi collegati). Gli egoistici e corto vedenti interessi nazionali dei Paesi membri impediscono una vera politica estera unitaria e, senza di essa, un esercito europeo non avrebbe senso di esistere poiché acefalo. La NATO resta dunque un punto di riferimento utile e necessario.
La nostra unica consapevolezza è che, se vuole continuare a esercitare la supremazia che dal dopoguerra a oggi ha potuto mantenere in questa parte del mondo, lo è anche per gli USA. La pretesa che entro poco tempo tutti i membri s’impegnino a spendere per la difesa almeno il due per cento del loro prodotto lordo oppure gli USA non rispetteranno più l’articolo 5 è un bluff, se non peggio e cioè soltanto il desiderio di aumentare ulteriormente l’acquisto di armamenti di produzione americana. D’altra parte, “comanda chi paga” ed esigere da Paesi già in difficoltà causa la crisi economica di dirottare altri fondi verso la difesa (l’Italia spende oggi circa l’un percento del proprio PIL e si tratterebbe quindi di raddoppiare) è masochistico o non lungimirante. Se davvero Trump mettesse in atto tale minaccia (poi smentita dai suoi collaboratori), andrebbe allora ripensato tutto il sistema di relazioni e gli equilibri che ne derivano. E forse sarà bene cominciare qualche volta a domandarsi se gli interessi dei Paesi membri dell’Organizzazione e quelli soltanto americani siano sempre coincidenti .
Che i vari segretari generali che si sono succeduti fossero “europei” solo per l’anagrafe è sotto gli occhi di ognuno, ma val anche la pena ricordare che nello Statuto da tutti sottoscritto si dice esplicitamente che le decisioni importanti possono essere prese solo all’unanimità. Non sarebbe male che uno scatto d’orgoglio e di dignità nasca talvolta anche nei leader europei. Soprattutto quando qualcuno voglia compiere atti che porteranno certamente all’aumento di pericolose tensioni nel mondo.
L’undici e il dodici luglio prossimo si terrà a Bruxelles il summit dei Capi di Stato dei Paesi membri. L’ordine del giorno proporrà la storia del due per cento e prevede che si rinforzino “i legami tra Europa e Nord America sui quali l’Alleanza si fonda e che noi si continui ad adattare l’alleanza per il XXI secolo”. Cosa Stoltenberg intenda con queste ultime parole diventa chiaro quando, in un’intervista a un giornale tedesco, precisa, tra l’altro, che la Russia sta diventando “più imprevedibile e più aggressiva” e la NATO” rafforzerà la sua presenza nella regione del Mar Nero”. Un giornale francese, a questo proposito, ha titolato “Una calma illusoria prima della tempesta?”. Noi speriamo che a Bruxelles si voglia evitare questo rischio, ma se fossimo superstiziosi non ci sentiremmo tranquillizzati dal fatto che il tredici luglio, cioè il giorno immediatamente successivo all’incontro di Bruxelles, si verificherà un’eclissi di sole. E il 27 luglio anche un’eclissi di luna.


* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.