Nato. Ok al 5% del Pil: per l’Italia 400 miliardi in 10 anni

di Enrico Oliari

Al vertice Nato dell’Aja è andato in onda il “5% entro il 2035”. I paesi membri, Italia compresa, dovranno quindi portare al 5% del Pil le spese militari, per i contribuenti un salasso in un momento in cui il potere d’acquisto resta in crisi.
Il premier italiano Giorgia Meloni ha parlato di obiettivo “necessario e sostenibile”, e che comunque non si arriverà alla “clausola di salvaguardia nel 2026”, cioè a fare ancora montagne di debito pubblico. Per cui i 400 miliardi in 10 anni verranno presi da altri capitoli, welfare compreso. Nella fattispecie il 3,5% toccherà alla difesa pura, mentre l’1,5% riguarderà asset in sicurezza.
Che si sarebbe arrivati a questo lo avevano scritto più volte sulle pagine del nostro giornale, in tempi non sospetti: alimentare le tensioni internazionali, creare il nemico a tutti i costi per poi liberare i magazzini delle armi vetuste della Guerra fredda spedendole perlopiù in Ucraina, e acquistarne di nuove, specialmente dal primo produttore di armi al mondo, cioè gli Usa.
Soddisfatto al punto da indicarle l’aumento dei costi al 5% del Pil come un successo personale, il presidente Usa Donald Trump ha rassicurato circa la tenuta dell’articolo 5 dello statuto, il quale prevede l’entrata in guerra di tutti i paesi membri (compreso il suo) in caso di attacco a uno di questi. Trump ha dichiarato che “portavamo un peso ingiusto, mentre quella di oggi è anche una vittoria per l’Europa e la civiltà occidentale”.
Presente al vertice l’immancabile presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che in serata avrà un incontro con Trump: Meloni ha affermato che “l’importante è che ci sia il sostegno a Kiev nel testo”.
Il premier italiano ha sottolineato che “noi dobbiamo decidere dove stiamo, facciamo parte della Nato che è il sistema di difesa occidentale, e che è basata su eserciti nazionali che cooperano. Se costruissimo una difesa di un altro livello vorrebbe dire o uscire dalla Nato, o immaginare che anche la Nato debba avere una difesa della Nato, che non esiste. Siamo la colonna europea della Nato e lavoriamo per far cooperare molto meglio a livello europeo la nostra difesa e le nostre aziende, che è quello che stiamo facendo”. Parole che indicano il fallimento, ancora prima di iniziare, del “ReArm Europe”: che senso avrebbe spendere il 5% del Pil per partecipare alla Nato, e poi ancora soldi per i capricci di Ursula von der Leyen?