Nicaragua. Proteste contro il presidente sandinista Ortega, in due mesi quasi 180 morti

di Guido Keller

E’ di quasi 180 morti e numerosissimi feriti il bilancio di due mesi di proteste e repressioni in Nicaragua, dove in piazza sono scesi per primi i giovani per manifestare contro la perdita dell’autonomia delle università e per la riduzione delle pensioni minime, cortei ai quali gradualmente si sono aggiunti anche lavoratori e pensionati. Ovunque ma in particolare nella capitale Managua vi sono stati blocchi stradali, cassonetti incendiati e scontri con la polizia, ma la notizia giunta ieri sul raggiungimento di una tregua lascia sperare che, almeno per il momento, si possa cercare il dialogo. La sospensione delle proteste è tuttavia stata messa a dura prova già questa mattina e forse è saltata dopo che si è saputo che almeno sette presone tra cui due bambini sono state massacrate con lancio di bottiglie Molotov verso l’abitazione in cui dormivano da parte di presunti gruppi paramilitari leali al presidente Daniel Ortega, che li finanzierebbe con denari provenienti dal Venezuela.
Il sandinista Ortega (Fsln, Fronte Sandinista di Liberazione nazionale), al potere dal 2007 ma che è stato presidnete anche dal 1990 al 1995, vede nelle proteste di piazza un rischio concreto per la sua permanenza al potere, ed ha accusato i manifestanti di essere dei criminali ed uno sparuto gruppo della popolazione. Tuttavia ieri ha dovuto cedere alla richiesta, mediata dalla Commissione interamericana dei diritti umani, dall’Alto commissariato Onu per i diritti umani, dall’Ue e dalla Chiesa cattolica, sulla nomina di una commissione indipendente istituita per valutare i disordini e quanto sta accadendo, su “tutti i decessi e gli atti di violenza”.
Le accuse rivolte dalle opposizioni a Ortega sono quelle di aver ricevuto soldi dall’estero, almeno 40 milioni al mese per 10 anni, per garantire a sé e alla famiglia, dove la moglie e vicepresidente Rosario Murillo rivestirebbe un ruolo primario nella repressione, il sostegno di parte della popolazione attraverso l’acquisto di voti, il finanziamento di gruppi paramilitari ma anche della polizia e di iniziative universitarie controverse, come la possibilità di accesso agli esami solo per gli studenti dichiaratamente sandinisti. Denaro verrebbe usato anche per garantirsi l’appoggio dell’esercito, come pure per controllare i mezzi di informazione, oggi all’85 per cento sotto lo stretto controllo dei figli del presidente.
Fatto sta che la maggior parte di quei 180 morti sono quasi tutti ragazzi al di sotto dei 25 anni, tra gli ultimi il 19enne Shester Javier Navarría, che dimostrava a mani nude davanti alla sua università prima di finire sotto il fuoco di un autoblindo. Ma anche poco più che bambini, intercettati dalla polizia mentre portavano viveri e acqua ai manifestanti, come nel caso di Alvarito Conrado, rimasto ucciso a 15 anni lo scorso 4 maggio mentre cercava di prestare aiuto ai manifestanti.

Daniel Ortega.