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Ancora sangue in Nicaragua, dove da aprile sono in corso forti proteste antigovernative. In un blitz della polizia nella capitale Managua sono rimaste uccise 7 persone tra cui un bambino di 15 mesi, mentre un’ottava è morta a Masaya, dove più forte sono le manifestazioni e la conseguente repressione ad opera di gruppi paramilitari.
Mentre le tregue mediate dalla Chiesa cattolica e dai vari organismi sovranazionali non stanno funzionando, il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi portandosi ormai a 200 manifestanti rimasti uccisi e a numerosissimi feriti, anche per i cecchini che sparano sulle barricate erette nelle strade e sui blocchi stradali.
Le proteste hanno avuto inizio con la riforma pensionistica e la collegata riduzione degli assegni minimi, ma il presidente sandinista Daniel Ortega (Fsln, Fronte Sandinista di Liberazione nazionale), al potere dal 2007 ma che è stato presidente anche dal 1990 al 1995, è anche accusato di aver ricevuto soldi dall’estero, almeno 40 milioni al mese per 10 anni, per garantire a sé e alla famiglia, dove la moglie e vicepresidente Rosario Murillo rivestirebbe un ruolo primario nella repressione, il sostegno di parte della popolazione attraverso l’acquisto di voti, il finanziamento di gruppi paramilitari ma anche della polizia e di iniziative universitarie controverse, come la possibilità di accesso agli esami solo per gli studenti dichiaratamente sandinisti. Denaro verrebbe usato anche per garantirsi l’appoggio dell’esercito, come pure per controllare i mezzi di informazione, oggi all’85 per cento sotto lo stretto controllo dei figli del presidente.
La maggior parte delle vittime sono giovani al di sotto dei 25 anni, soprattutto studenti.