Niger. Emergenza minori

di C. Alessandro Maceri

Quando si parla di MSNA di minori stranieri non accompagnati, di ragazzini, adolescenti, a volte molto piccoli provenienti dall’Africa alla ricerca di un futuro migliore, spesso non si pensa alla situazione in cui sono costretti a vivere nei paesi da cui provengono. Molti si limitano a guardare foto o video di ragazzacci ingrati e fannulloni nei centri di accoglienza.
Quasi mai si scende più in profondità e si cerca si conoscere come vivevano molti di questi ragazzi nel proprio paese d’origine.
Sono molti i ragazzi e soprattutto le ragazze giunti da soli in Italia dal Niger, paese giovane, con un’economia prevalentemente rurale e una popolazione di 21,5 milioni costituita per il 50% da donne, per il 58,2% di età inferiore ai 18 anni.
Nessuno pensa che quasi la metà dei nigeriani oggi vive in condizioni di povertà. E il futuro di molti bambini è tutt’altro che roseo prima ancora di nascere: la mortalità materna è molto alta, una donna su 187 muore durante la gravidanza, il parto o subito dopo il parto. Quelli che sopravvivono alla gravidanza e al parto si trovano ad affrontare sin da subito problemi come la malnutrizione acuta e cronica, lo scarso accesso all’acqua potabile e tassi di defecazione aperta altissimi che rendono l’ambiente malsano e minacciano la sopravvivenza dei più piccoli il cui sistema immunitario è ancora in fase di sviluppo.
Quelli che raggiungono i cinque anni d’età si trovano a dover fronteggiare malattie facilmente curabili e prevenibili nel resto del mondo come la polmonite, la diarrea, la malaria. Ma non dove vivono loro. Malattie che è difficile affrontare con un fisico debole: sono 380mila i bambini a rischio di malnutrizione acuta grave in Niger. E 600.000 sono vulnerabili ad un’epidemia. Secondo un rapporto appena pubblicato dall’Unicef, più della metà (1,6 milioni) dei 2,9 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria in Niger, sono bambini.
Ma di tutto questo non resta traccia. Del resto, di molti di questi bambini non si sa neanche che esistono: solo 6 bambini su 10 viene registrato alla nascita in questo paese.
Una volta adolescenti ad attendere molti di loro non c’è la scuola: in Niger, solo l’8% dei bambini è iscritto a scuole materne e per quelli che hanno la sfortuna di nascere fuori dai centri urbani le possibilità sono molto minori (gli iscritti nelle aree rurali sono il 4%, nei centri urbani il 28%). Anche per quelli che vanno a scuola, l’apprendimento spesso è scarso: un quinto dei bambini non completa l’istruzione primaria e la maggioranza non completa la scuola secondaria inferiore. Secondo un rapporto dell’Unicef, il 93% dei bambini che frequentano le elementari non è in grado di leggere o fare correttamente calcoli matematici. Anche qui, come in altri paesi africani, la probabilità di andare a scuola è più bassa per le ragazze e per i poveri. Il risultato è l’alfabetizzazione è molto bassa: il 14% per le donne e il 42% per gli uomini.
Per quelli che riescono a raggiungere l’adolescenza, il destino spesso è segnato: il 76% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni. Il 36% delle ragazze adolescenti dai 15 ai 19 anni ha già avuto almeno un figlio o sono incinta. Per loro non c’è tempo per studiare. Infatti solo il 26,9% di loro è alfabetizzato, contro il 50,2% dei ragazzi.
A tutto questo si aggiunge che il Niger si trova a dover fronteggiare diverse emergenze contemporaneamente. La situazione è aggravata dall’instabilità del paese dei paesi vicini, con conseguente afflusso di migliaia di rifugiati, rimpatriati, sfollati interni e migranti.
“In un contesto di risorse limitate e servizi sociali limitati, le comunità che ospitano popolazioni sfollate stanno dimostrando una straordinaria capacità di ripresa e condividendo il poco che hanno”, ha dichiarato Félicité Tchibindat, rappresentante dell’Unicef, di ritorno da una visita nella regione di Diffa colpita dal conflitto.
“Dato che ora viene prestata maggiore attenzione alla rinascita della violenza armata nel Sahel centrale, è altrettanto importante prestare la stessa attenzione al suo impatto sui bambini e sulle loro famiglie”, ha aggiunto.
Le sfide per sopravvivere che i bambini devono affrontare in questo paese non finiscono mai. Gli attacchi contro i civili nella regione del Lago Ciad hanno impedito a 263mila persone a Diffa di tornare nelle proprie case. E lungo i confini con Burkina Faso e Mali, nelle regioni di Tillabéri e Tahoua, sono state sfollate quasi 78mila persone. “L’insicurezza si sta diffondendo rapidamente nella regione centrale del Sahel. Donne e bambini stanno subendo il peso della violenza. Nelle già fragili comunità di accoglienza, l’onere dello sfollamento forzato aumenta la vulnerabilità dei bambini e delle comunità e incide significativamente sulla loro salute, protezione , nutrizione ed educazione”, ha detto Tchibindat.
Secondo l’Unicef sono quasi 5 milioni i bambini vittime della crescente violenza nella regione africana del Sahel (violazioni dei diritti umani, rapimenti, reclutamento come bambini soldato, aggressioni sessuali e altro). In Niger ma anche in Burkina Faso e in Mali.
Solo pochi giorni fa, in Niger, la polizia ha realizzato una grande operazione nella capitale Niamey, l’operazione “Sarraounia”, che ha coinvolto più di 100 agenti di polizia. Al termine sono state liberate 232 adolescenti vittime di tratta sessuale e lavoro forzato, ha dichiarato l’Interpol (con loro anche 180 uomini del Ghana reclutati online con la promessa di “lavoro dignitoso” ma che arrivati ​​in Niger, sono stati rinchiusi e hanno visto i propri documenti confiscati). Tra loro 46 bambine una delle quali di appena 10 anni, costrette a fare sesso in ostelli e baraccopoli.
Per loro, non c’è altra possibilità se non partire. Poco importa per dove: qualsiasi altro posto sarà sempre meglio dell’inferno dal quale fuggono.