Onu. Rapporto sulla sicurezza alimentare: 3,1 mld a rischio

di C. Alessandro Mauceri

É stata presentata l’edizione 2022 del rapporto “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” (SOFI). UN Report: Global hunger numbers rose to as many as 828 million in 2021 – World Food Programme (wfp.org). I dati contenuti nel documento realizzato congiuntamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma alimentare mondiale dell’ONU (WFP) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sono preoccupanti: nel 2021 il numero delle persone che soffrono la fame a livello mondiale è salito a 828 milioni, circa 46 milioni in più del 202, 150 milioni in più dallo scoppio della pandemia di COVID-19.”50 milioni di persone in 45 paesi sono a un passo dalla carestia”, ha detto il direttore Esecutivo del WFP David Beasley. Quindi “C’è il rischio che questi numeri peggiorino ancora nei prossimi mesi”. Conflitti, estremi climatici, shock economici e crescenti disuguaglianze si sono combinati per spingere un numero senza precedenti di famiglie alla fame. “I picchi dei prezzi globali di cibo, carburante e fertilizzanti che stiamo vedendo a seguito della crisi in Ucraina minacciano di spingere le famiglie di tutto il mondo alla carestia. Il risultato sarà la destabilizzazione globale, la fame e la migrazione di massa su una scala senza precedenti. Dobbiamo agire oggi per evitare questa catastrofe incombente”, ha aggiunto Beasley.
Nel 2020 il numero delle persone che non possono permettersi una dieta sana è aumentato di 112 milioni, fino a raggiungere la soglia impressionante di quasi 3,1 miliardi, praticamente tre presone su otto. Non essere in grado di permettersi la dieta per una vita sana significa che “centinaia di milioni di persone sono a rischio di cadere in un circolo vizioso di malnutrizione, cattiva salute e povertà”, ha detto Saskia de Pee, Capo di Analisi e Scienza per l’Alimentazione e la Nutrizione del WFP. “A lungo termine questo porta anche a una riduzione dello sviluppo del ‘capitale umano’, nutrendo male la prossima generazione”.
Non si tratta (solo) di cattive abitudini. Quasi sempre “per molti, si tratta di quanti soldi hai a disposizione da spendere e cosa puoi comprare con quelli”. “Il cibo rappresenta il 60 o il 70% della spesa di gran parte della popolazione”, quando il costo dei generi alimentari aumenta del 30-40%, come sta avvenendo da mesi, la gente vede ridotte le proprie possibilità di scelta e la qualità di quella dieta non riesce a far fronte alle esigenze per “vivere una vita sana e produttiva”. Secondo Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS: “Ogni anno, 11 milioni di persone muoiono a causa di diete non sane. L’aumento dei prezzi degli alimenti non farà altro che aggravare questa situazione. L’OMS sostiene gli sforzi dei paesi per migliorare i sistemi alimentari, sia tramite tassazione degli alimenti non sani, che tramite la concessione di sovvenzioni a favore di scelte sane, che proteggano i bambini da un marketing dannoso, garantendo la chiarezza delle etichette nutrizionali. Dobbiamo lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi mondiali del 2030 in materia di nutrizione, per combattere la fame e la malnutrizione e far sì che il cibo sia fonte di salute per tutti”. É quindi necessario colmare il divario tra accessibilità e conseguenze per la sicurezza alimentare e la nutrizione richiederebbe la collaborazione di governi, associazioni, settore privato, società civile e mondo accademico attraverso un collegamento tra sviluppo e sociale che oggi non esiste.
Nel 2021, circa 2,3 miliardi di persone (29,3%) in tutto il mondo erano in una situazione di insicurezza alimentare moderata o grave (350 milioni in più rispetto a prima dello scoppio della pandemia da COVID-19). Quasi 924 milioni di persone (11,7% della popolazione mondiale) hanno sofferto di insicurezza alimentare grave, con un aumento di 207 milioni in due anni.
Un problema che, come sempre, colpisce soprattutto le fasce più deboli della popolazione: i bambini: si stima che 45 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni abbiano sofferto di deperimento, la forma più letale di malnutrizione (in età infantile aumenta fino a 12 volte il rischio di morte). Altri 149 milioni di bambini sotto i cinque presentano un ritardo di crescita e di sviluppo a causa di una carenza cronica di nutrienti essenziali nella loro alimentazione. Ma non basta. Quasi il 44% dei neonati sotto i sei mesi di età sono stati allattati esclusivamente al seno. In questo caso la dieta delle mamme ha un peso no indifferente sulla crescita dei neonati e dei bambini nei primi mesi di vita. “La portata senza precedenti della crisi della malnutrizione richiede, altresì, una risposta senza precedenti. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per garantire che i bambini più vulnerabili possano accedere a diete nutrienti, sicure ed economicamente accessibili, ma anche a servizi per la prevenzione precoce, l’individuazione e terapie nella cura della malnutrizione. Con così tante vite di bambini in gioco, nonché il loro futuro, è questo il momento di prefiggerci obiettivi ancora più ambiziosi per la nutrizione infantile. E non c’è tempo da perdere”, ha detto Catherine Russell, Direttore generale dell’UNICEF.
Le stime per il prossimo futuro non lasciano ben sperare. Nel migliore dei casi, nel 2030, saranno ancora quasi 670 milioni le persone che soffriranno ancora la fame, (l’8 % della popolazione mondiale) considerata, tuttavia, una ripresa economica mondiale. Un dato simile a quello del 2015, quando venne lanciato l’obiettivo dei SDGs di sconfiggere fame, insicurezza alimentare e malnutrizione entro il 2030 nel quadro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un obiettivo (come molti altri del resto) che appare sempre più irraggiungibile. Ma soprattutto un dato che mette seriamente in discussione tutto ciò che è stato fatto finora per risolvere questo problema. Il rapporto ha esaminato anche i modi in cui i governi dovrebbero ripensare l’attuale sistema di aiuti all’agricoltura per ridurre il costo di una dieta sana, consapevoli delle limitate risorse pubbliche disponibili in molte parti del mondo.
Impressionante il dato del sostegno mondiale al settore alimentare e agricolo: quasi 630 miliardi di dollari all’anno, tra il 2013 e il 2018. Ma per la maggior parte, questi aiuti non hanno raggiunto i beneficiari diretti, i piccoli agricoltori. Così hanno finito per causare danni all’ambiente e non hanno favorito la produzione di alimenti che avrebbero potuto costituire una dieta sana.
Nei paesi a reddito alto e medio-alto, i sussidi hanno spesso contribuito alla produzione di prodotti lattiero-caseari e alimenti di origine animale. Al contrario, “i paesi a basso reddito, in cui l’agricoltura è fondamentale per l’economia, i posti di lavoro e i mezzi di sussistenza rurali, hanno poche risorse pubbliche da riallocare”, ha detto QU Dongyu, Direttore Generale della FAO. Nei paesi a basso reddito gli aiuti sono serviti a produrre riso, zucchero e carni di vario tipo. Relativamente meno importante il sostegno a frutta e verdura.
Secondo le Nazioni Unite è necessario un ripensamento sul sostegno agricolo e alimentare che possa favorire la produzione di alimenti nutrienti, il cui consumo pro capite non corrisponde ancora ai livelli raccomandati per una dieta sana.