Palestina. Re Abdallah II di Giordania respinge “l’Accordo del secolo” di Trump

Notizie Geopolitiche

A poche ore dalla presentazione, prevista per domani, del “Piano del secolo” per giungere ad un accordo di pace tra la Palestina ed Israele, il re di Giordania, Abdallah II, è tornato a respingere in modo fermo la proposta di Donald Trump e di Jared Kurshner, anche perché il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha già annunciato l’intenzione di annettere ad Israele una vasta area della Valle del Giordano, in buona parte territorio palestinese a ridosso del confine con la Giordania.
Il paese di re Abdallah e l’Egitto sono gli unici del mondo arabo a riconoscere Israele, per cui il rifiuto all’accordo del regno hashemita viene ad essere rilevante.
Oggi a Washington Trump ha incontrato Benjamin Netanyahu e il leader centrista di Blu-Bianco Benny Gantz nel tentativo di convincerli a formare il governo dopo mesi di crisi dovuta ai vari partiti che si rifiutano di collaborare con il premier e il Likud per via delle incriminazioni per corruzione.
Il piano prevedrebbe una rosa di iniziative e di compromessi a cominciare dal nome dello Stato sovrano dei palestinesi, la “Nuova Palestina”, il cui territorio cisgiordano e di Gaza verrebbero collegati da un lungo ponte autostradale alto 30 metri e finanziato da diversi Paesi, soprattutto dalla Cina che lo costruirà e lo pagherà per il 50%. I confini con Israele verranno ad essere aperti.
Gerusalemme diverrà una “città condivisa”, fra i due Stati, capitale di entrambi e non separata in zona est e zona ovest; il comune di Gerusalemme amministrerà la cosa pubblica locale ad esclusione dell’istruzione, che sarà a carico della Nuova Palestina, e riscuoterà dai palestinesi lì residenti una “tassa per l’Aqua e dell’Arnuna” in sostituzione di quella che già pagano. La proposta riporterebbe che “Sarà vietato agli ebrei di comprare case arabe ed agli arabi di acquistare case di ebrei; inoltre saranno aggiunti nuovi territori a Gerusalemme, mentre gli attuali luoghi santi rimarranno così come sono oggi”.
Gli insediamenti israeliani nei Territori occupati resteranno ad Israele e saranno collegati da strisce delimitate, ma i palestinesi riceveranno in donazione dall’Egitto un territorio utile per la costruzione di un aeroporto, di un centro commerciale e per la coltivazione di generi agroalimentari, per quanto sarà loro interdetta la residenza. Fino alla costruzioni di un aeroporto palestinese, previsto entro 5 anni dall’entrata in vigore dell’accordo, gli abitanti della Nuova Palestina si serviranno liberamente degli scali israeliani.
La Nuova Palestina non avrà un proprio esercito e non potrà detenere armi pesanti, mentre le armi leggere saranno in dotazione solo alla polizia. Si tratterebbe di uno dei punti meno graditi alla parte palestinese, in compenso però sarà Israele a dover garantire la difesa del nuovo Stato, alla quale i palestinesi contribuiranno economicamente con l’aiuto dei paesi arabi.
I detenuti palestinesi nelle carceri israeliane “verrebbero rilasciati ad un anno dall’entrata in vigore dell’accordo, entro un periodo di tre anni”.
Terminerà l’embargo a Gaza, ma contestualmente tutte le armi, anche quelle in dotazione ai leader di Hamas, dovranno essere consegnate (la sicurezza verrà garantita dalla polizia della “Nuova Palestina”); verranno riaperti i commerci internazionali da e per Gaza, attraverso Israele, l’Egitto o via mare attraverso la Cisgiordania.
L’accordo porterà la firma di Israele, dell’Olp e di Hamas, mentre i finanziamenti (30 miliardi di dollari in 5 anni) per attuare i progetti arriveranno dagli Usa (20%), dall’Ue (10%) e dalle monarchie del Golfo (70%).