Pena di morte: 993 esecuzioni nel 2017

di C. Alessandro Mauceri

È stato appena pubblicato il rapporto annuale presentato da Amnesty International sulle esecuzioni capitali nel mondo.
Risultati migliori ma non di molto rispetto allo scorso anno: le condanne a morte eseguite sono state 993 in 23 Stati, il 4% in meno rispetto alle 1032 esecuzioni del 2016 (il 39% in meno rispetto alle 1634 del 2015). Ma il rischio che la situazione degeneri è sempre alto: lo scorso anno sono state emesse 2591 condanne a morte in 53 Stati, meno del 2016 che fece registrare un record (3117), ma ancora troppo alto. Negli USA sono state eseguite condanne a morte in 35 stati membri. Tre le nazioni dove sono state eseguite esecuzioni capitali in Africa: Egitto, Somalia and Sud Sudan. In compenso, lo scorso anno, la Guinea è diventata la ventesima nazione africana ad abolire la pena di morte. E così il Kenya. Altri paesi africani invece hanno deciso una moratoria: Burkina Faso, Gambia e Ciad.
Diversa la situazione in Medio Oriente, dove circa la metà dei paesi della Lega Araba hanno usato la pena capitale: oltre all’Egitto, il Bahrain, l’Iraq, la Giordania, il Kuwait, la Palestina, l’Arabia Saudita, la Somalia, gli Emirati Arabi Uniti e lo Yemen. Anzi, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Kuwait sono tornati a far ricorso alla pena capitale dopo un periodo di interruzione.
Nel Commonwealth di 53 stati aderenti in quattro si è fatto ricorso alla pena capitale: Bangladesh, Malesia, Pakistan e Singapore.
Giappone e USA restano gli unici paesi del G8 ad aver fatto ricorso al boia. Anzi, negli USA, il numero di condanne a morte è aumentato, passando da 32 del 2016 a 41 del 2017.
Complessivamente la maggior parte delle condanne a morte, l’84%, sono state eseguite in quattro paesi: Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan.
Ma il rapporto di Amnesty risulta, per loro stessa ammissione, incompleto: i dati riportati, infatti, non tengono conto delle condanne e delle esecuzioni in Cina. Secondo Amnesty sarebbero migliaia, ma il numero reale è impossibile da scoprire. In Bielorussia, Cina e Vietnam, infatti, i dati relativi alla pena di morte sono classificati come segreto di stato. Per questo motivo nel 2017 è stato possibile ottenere solo scarse informazioni. Ad esempio, fonti pubbliche cinesi riportano che tra il 2014 e il 2016 sarebbero state eseguite almeno 931 condanne a morte, ma riportate nel registro sono solo 85. Una piccola parte delle migliaia di condanne a morte che si pensa possano essere state emesse in Cina. Inoltre, in questo elenco mancano i nomi dei cittadini stranieri condannati a morte per reati di droga (anche se i giornali locali hanno parlato di almeno 11 esecuzioni).
Anche in altri paesi sono state molte le esecuzioni per reati connessi alla droga. Amnesty li ha registrati almeno in quattro stati: oltre alla Cina, Arabia Saudita, Iran e Singapore. Ma mancano i dati delle condanne a morte per reati connessi alla droga in Malesia e Vietnam. A Singapore, ad esempio, sarebbero state almeno otto le persone impiccate per reati connessi alla droga, il doppio rispetto al 2016. Un trend confermato anche dall’Arabia Saudita, dove le decapitazioni per reati connessi alla droga sono aumentate dal 16 per cento del totale delle esecuzioni del 2016 al 40 per cento nel 2017. “Nonostante i passi avanti verso l’abolizione di questa abominevole punizione, alcuni leader continuano a usare la pena di morte come un metodo spiccio invece di affrontare le cause di fondo legate alla droga con politiche umane, efficaci e basate sull’esperienza. Leader forti portano avanti la giustizia, non le esecuzioni”, ha detto Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
“La pena di morte è il sintomo di una cultura di violenza, non la soluzione per fermarla. Siamo consapevoli che mobilitando il sostegno delle persone nel mondo possiamo opporci a questa sanzione crudele e porvi fine ovunque”, ha aggiunto Shetty. “Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito a mutamenti positivi rispetto all’uso globale della pena di morte, ma occorrono altre misure urgenti per fermare l’orribile pratica dell’omicidio di stato”.
Oggi sono almeno 21.919 i detenuto in attesa di esecuzione nel mondo. E stando ai numeri pare che convincere alcuni paesi ad abolire la pena di morte non sarà facile.