Per Erdogan “non una vittoria” il Trattato di Losanna. E sui curdi…

di Francesco Cirillo

ErdoganIl parlamento turco ha autorizzato l’estensione della missione militare in Siria fino al 30 settembre del 2017. L’operazione “Scudo dell’Eufrate”, iniziata all’alba del 24 agosto, sta raggiungendo gli obiettivi prefissati da Erdogan: tenere lontani i curdi siriani dai confini della Turchia, anche in vista del prossimo passo che sarà la costruzione di muro al confine.
Contestualmente Erdogan sta continuando la forte repressione contro contro i miliziani del Pkk nel sud-est della Turchia e nel Kurdistan Iracheno compiendo intensissimi raid e colpendo le roccaforti e i depositi di armi.
Il “sultano” turco ha anche fatto esplodere l’ennesima polemica, definendo una “non vittoria” il Trattato di Losanna del 1923, firmato dopo la guerra condotta da Ataturk contro i greci ,in cui vennero definiti i confini della Turchia contemporanea dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano, che ha comportato il passaggio di diverse isole dell’Egeo alla Grecia. Dichiarazioni che non sopo piaciute al partito socialdemocratico turco (Chp), poiché accusa no di “tradire la storia del proprio Paese” e di puntare il dito contro i fondatori della repubblica e Ataturk, che hanno siglato l’accordo.
Il ministro della Difesa di Atene, Panos Kammenos, ha ribattuto dichiarando che “I tentativi di mettere in discussione i trattati internazionali conducono a vie pericolose” che la Turchia non dovrebbe “compiere”.
Altresì la politica di Erdogan del post-golpe è condotta principalmente a riallacciare stretti rapporti con i paesi del Medio Oriente, compreso l’Iran che ha lo stesso interesse in Siria: limitare l’influenza curda. L’esplosione del indipendentismo curdo rischierebbe infatti di destabilizzare ulteriormente la regione e porterebbe la Turchia e l’Iran ad intervenire, anche con l’uso della forza militare, per reprimere i curdi.
Da parte sua l’Iran, sostenitore di Bashar al-Assad, vuole tentare di avere il supporto di Ankara per mantenere al potere l’attuale regime di Damasco. Per questo motivo Mosca guarda con enorme interesse ad un triangolo Mosca-Teheran-Ankara per proteggere Damasco e bilanciare la presenza di Washington in Medio Oriente.