Perù. Castillo tenta il golpe ma viene arrestato

di Paolo Menchi

La tradizionale instabilità politica del Perù, che dura da decenni, con l’elezione di Pedro Castillo nel luglio 2021 si è ancora aggravata, visto che da allora si sono succeduti cinque governi e ottanta ministri.
Lo stesso presidente era stato messo in stato di accusa e poi assolto dal Parlamento in un paio di occasioni, ma la tensione, sia all’opposizione che all’interno della stessa coalizione governativa, cresceva sempre di più a fronte di un paese in forte crisi economica e sociale.
Castillo stava per affrontare il terzo giudizio del Parlamento, che su proposta dell’opposizione doveva votare se destituirlo per incapacità morale, in considerazione delle accuse di corruzione rivoltegli dalla magistratura che gli imputa di aver instaurato con la sua famiglia una vera e propria organizzazione criminale per arricchirsi ai danni dello Stato.
Castillo ha prima accusato l’opposizione di voler abbattere la democrazia ma poi, quando ha capito che questa volta la decisione della Camera sarebbe stata negativa, ha sciolto il Parlamento e ha annunciato l’instaurazione di un governo di emergenza, un vero e proprio golpe.
Oltre alla gravità del fatto in sé, Castillo non ha fatto i conti né con il suo stesso partito, nel quale molti esponenti hanno preso subito le distanze dalla decisione, né soprattutto con l’esercito e la polizia che, invece di appoggiarlo e rischiare di creare una sorta di guerra civile, si sono dichiarati fedeli alla Costituzione difendendo il Parlamento.
Non si è fatta attendere la votazione parlamentare che ha deciso di destituire Castillo, che è stato in seguito arrestato dalla polizia in base all’articolo 346 del Codice penale, per aver violato l’ordine costituzionale.
Si conclude così mestamente la parabola politica di un uomo che si vantava delle sue origini contadine, prima maestro elementare e poi sindacalista, che con il suo rigore morale prometteva di guarire il Paese dalla corruzione e dall’instabilità politica (dal 2018 ad oggi si sono alternati ben sei presidenti), mentre la crisi economica peggiorava continuamente.
Tocca ora alla sua vicepresidente, Dina Boluarte assumere la presidenza, con la speranza che si possa arrivare alla fine del mandato prevista per il 2026.
La Boluarte, avvocato di 60 anni e prima donna a guidare il Perù, esponente del partito di ispirazione socialista “Perù libre”, nel suo primo discorso non ha potuto far altro che appellarsi ai cittadini chiedendo senso di responsabilità e la collaborazione di tutti per far ripartire il paese.
La nuova presidente si trova di fronte ad un compito molto difficile, con la popolazione stanca ed esasperata per i continui scandali politici e per la crisi economica che in questo continuo via vai di governi e ministri non è mai stata affrontata in modo serio e programmatico.