Perù. L’analisi di Godoy (politologo) dopo arresto e condanna ex presidente Castillo, ‘Pariti deboli e sordi, la crisi divampa’

Agenzia Dire

“Per molti lo stato di emergenza dichiarato dal governo in settimana mostra debolezza e poca capacità di dialogo con gli attori sociali che non sono rappresentati dai partiti politici, come ad esempio i sindacati. Il Perù poi ha un altro problema: ha il sistema dei pariti più debole dell’America Latina”. Jose Alejandro Godoy, politologo della Pontificia Universidad Catolica del Perù (Pucp) della capitale Lima, evidenzia questo aspetto in relazione alla crisi politica che nel giro di pochi giorni ha portato alla destituzione, l’arresto e la condanna a 18 mesi di carcere del presidente Pedro Castillo. In circa una settimana è stato eletta una sostituta, la ex vice presidente Dina Boluarte, formato un nuovo governo e dichiarato uno stato di emergenza nazionale per 30 giorni a fronte delle proteste che sono scoppiate dopo il cambio ai vertici del Paese.
Per oggi è stato convocato un giorno di sciopero nazionale. Ieri, nei pressi dell’aeroporto di Ayacucho, bloccato da giorni dai manifestanti, almeno otto persone hanno perso la vita in scontri con le forze dell’ordine. Il bilancio totale delle vittime delle proteste è salito così ad almeno 16 persone. Fra gli scali aerei del Paese bloccati dai dimostranti c’è anche quello di Cuzco, centro di una delle zone turistiche più rilevanti di tutto il Sud America. Nella regione della città sono rimaste bloccate per vari giorni in un pullman anche quattro turiste italiane, poi trasferite in un ostello, come reso noto da una delle protagoniste della vicenda.
L’arresto di Castillo ha seguito la sua decisione di sciogliere il Congresso e di dichiarare un ‘governo di emergenza’ poche ore prima che i deputati si riunissero per votare la sua messa in stato di accusa. Il Parlamento si è comunque riunito, approvando l’impeachment del capo dello Stato, già tentato altre due volte da quando è iniziata la legislatura, nel luglio 2021. Castillo è stato poi arrestato e infine, ieri, condannato a 18 mesi di custodia cautelare dalla Corte suprema per il reato di ribellione.
“Le proteste in corso in questi giorni però sono il frutto di diverse questioni non risolte”, continua a ragionare il politologo. “Secondo alcuni settori Castillo è stato vittima di un ‘colpo di stato’ da parte del parlamento: questa argomentazione parte dal fatto che un blocco di deputati non ha mai voluto riconoscere la vittoria di Castillo e ha cercato qualsiasi pretesto per mandarlo via, oltre ad averlo insultarlo in modo classista”. L’ormai ex presidente, 43 anni, è un maestro elementare e sindacalista originario della regione rurale della Cajamarca, nel nord del Paese.
Tra le istanze che muovono il congresso peruviano, anche quelle della maggioranza però, che, secondo l’esperto, “cerca di arrivare a elezioni anticipate e mira a promuovere riforme costituzionali, a partire dalla creazione di un’assemblea costituente”. L’istituzione di una nuova magna carta è uno dei punti delle proteste di piazza che si sono verificate in Perù in modo ciclico negli ultimi due anni, caratterizzate da uno stato di crisi istituzionale quasi permanente: prima della vittoria elettorale di Castillo infatti, ben tre presidenti si sono succeduti nel giro di dieci giorni. La stessa amministrazione Castillo è stata attraversata da tre tentativi di impeachment e dalla creazione di cinque consigli dei ministri, oltre che dall’apertura di almeno quattro indagini giudiziarie ai danni del capo dello Stato.
Lo scenario continua ad essere complesso a detta di Godoy, che è anche autore di un libro sull’eredità del controverso ex presidente Alberto Fujimori, al potere nel Paese tra il 1990 e il 2000. “Lo stato di emergenza implica l’intervento delle forze armate a supporto della polizia ed è sostenuto da alcuni settori più ricchi della società, che hanno l’ordine pubblico come priorità. Al contempo- conclude il politologo- è un provvedimento criticato perché in passato, questo tipo di misura è stata più volte la scusa per commettere delle violazioni dei diritti umani”.