di Paolo Menchi –
Sarà necessario attendere la prima settimana di maggio per conoscere il risultato definitivo, ma con oltre il 94% delle schede scrutinate, sembra che si vada verso uno scontro tra due candidati che secondo i sondaggi non erano nei primi posti.
Si sapeva che il voto frammentato tra 18 candidati (secondo le inchieste nessuno avrebbe raggiunto nemmeno il 15%) e l’alta percentuale di indecisi avrebbe reso il risultato ancora più incerto, ma nessuno avrebbe potuto pensare che il più votato sarebbe stato Pedro Castillo con circa il 19% dei consensi.
Castillo è un maestro elementare, oltre che sindacalista, che si fece conoscere quattro anni fa per aver guidato uno sciopero della categoria durato circa tre mesi e viene considerato di estrema sinistra.
Di origine contadina e andina si presenta sempre con un cappello di paglia e ama far vedere che spesso si muove a cavallo per far risaltare le sue origini; ha dichiarato di ispirarsi alla Bolivia di Morales e all’Ecuador di Correa ed ha nei suoi progetti quello di nazionalizzare le aziende energetiche del paese, oltre che aumentare la spesa statale per la sanità e per l’istruzione. Tra i suoi obiettivi primari anche quello di riformare la costituzione del 1993 promulgata da Fujimori.
Pur definendosi un comunista, molte sue posizioni in campo sociale sono però molto vicine a quelle dei candidati di destra come la contrarietà all’aborto, alle unioni tra persone dello stesso sesso, alla parità di genere e all’eutanasia.
Certamente la possibilità che venga eletto sta mettendo in allarme sia il fronte conservatore che quello progressista moderato, entrambi preoccupati anche per come reagiranno i mercati e gli investitori stranieri.
Certo che se i risultati parziali verranno confermati l’alternativa sarà quella di votare per Keiko Fujimori, figlia del dittatore condannato per crimini contro l’umanità e per corruzione, dal quale la donna non ha mai preso le distanze e lei stessa è attualmente coinvolta in un’inchiesta, accusata di corruzione e legami con il crimine organizzato.
Per quanto sembri strano, vista la repulsione che il solo nome Fujimori provoca nel paese, il fatto che il fujimorismo abbia ancora uno zoccolo duro di circa il 14% in una elezione così frammentata ha permesso a Keko di essere probabilmente l’avversario di Castillo.
Il pericolo principale è che l’estremismo di Castillo faccia convogliare sulla Fujimori non solo il voto di destra ma anche quello dei moderati, ma certo rivedere alla presidenza un cognome tristemente noto non sarebbe una bella cosa per il Perù.
Se i risultati parziali verranno confermati, in attesa del ballottaggio fissato per il 6 giugno prossimo assisteremo a due mesi di aspri confronti.