Perù. Tensione politica alle stelle

di Paolo Menchi

Per quanto probabilmente gli avversari non potranno fare più niente per impedirne la vittoria, sta di fatto che, nonostante i numeri gli diano ragione, Pedro Castillo non può essere ancora essere dichiarato presidente del Perù, in attesa che vengano definiti i 942 ricorsi per nullità presentati dalla rivale Keiko Fujimori, anche se solo 165 sono arrivati entro i termini e 91 sono già stati respinti.
Si sapeva che chiunque avesse vinto per un margine così risicato di voti (50,125% contro 49,875%) avrebbe giustificato la sconfitta con brogli elettorali, tantopiù se si pensa che la Fujimori è stata in testa per gran parte dello spoglio, fino a quando non sono stati scrutinati i voti delle campagne e delle montagne dove il suo avversario ha ottenuto delle maggioranze così schiaccianti da influenzare il risultato nazionale.
Purtroppo non basteranno le decisioni dei tribunali e della corte suprema per pacificare il paese che va ora incontro al rischio di una sorta di guerra civile, tanto che si è mosso anche il Papa che ha auspicato ed offerto l’aiuto della Chiesa per risolvere la situazione politica peruviana.
La paura del comunismo e che conseguentemente il Perù diventi come il Venezuela, fomentata anche da intellettuali come il Premio Nobel Mario Vargas LLosa, è un’occasione per la Fujimori per vestire i panni del candidato moderato che ha a cuore le sorti del paese, contando sul fatto che la gente dimentichi la dittatura del padre, per il quale aveva già pronto l’indulto, e le condanne per i crimini contro l’umanità da lui commessi, senza dimenticare il processo che lei stessa ha in corso per corruzione, riciclaggio di denaro, partecipazioni ad organizzazioni criminali e ostacolo alla giustizia.
Certamente Castillo non ha avuto la capacità di avvicinarsi alla politica in modo morbido e con intenti di pacificazione, promettendo subito nazionalizzazioni che hanno preoccupato gli imprenditori ed i mercati, così come le sue posizioni di estrema destra in merito ai diritti civili non sono piaciute a gran parte della popolazione che cercava un leader progressista.
Il problema è che adesso si ha il sentore che possa accadere qualcosa che vada oltre la lotta parlamentare. Alcuni deputati fujimoristi sono arrivati a dire che in Perù non esistono popolazioni indigene, che sono solo frutto di invenzioni delle ong e che quindi i voti che hanno permesso a Castillo di passare in testa sono stati inventati.
Numerosi ex comandanti militari hanno esortato L’esercito ad impedire che Castillo diventi presidente inneggiando quindi al golpe. Considerando l’appoggio che ha il neo presidente eletto tra le forze popolari, un atto di forza dei militari sarebbe l’alba di una nuova guerriglia con un grande spargimento di sangue e con l’economia che, già in forte crisi, crollerebbe senza avere nemmeno più il turismo come fonte di sostentamento.
Non è certo stato un caso che alla vigilia delle elezioni sia stato compiuto un attentato del quale è stata attribuita la responsabilità a Sendero Luminoso, improvvisamente rinato dopo che era stato sconfitto dalla repressione selvaggia del padre di Keiko Fuijmori, per presentare la figlia agli elettori come l’unico bastione invalicabile contro il comunismo e la guerriglia, mentre il suo attuale comportamento , se non accetterà il giudizio delle urne e dei tribunali, darà proprio la spinta ad una nuova guerra civile.