Polonia. Manifestazioni pro Ue e contro il governo

di Enrico Oliari

La recente sentenza della Corte costituzionale polacca, che di fatto ha reso nullo il peso delle leggi europee difronte a quelle dell’ordinamento del paese, ha scatenato malumori a Bruxelles ma anche proteste interne per la ventilata ipotesi di una “Polexit”, cioè di un’uscita della Polonia dalla Casa comune.
L’euroscetticismo in una Polonia che da Bruxelles prende soldi a palanche (dal 2015 e il 2019 49,5 miliardi di euro netti, senza contare le somme previste per il Next Generation Eu di 58,7 miliardi di euro) ha qualcosa di suo, e di certo l’Europa non è à la carte.
Per la politica ispirata da Jaroslaw Kaczynski non va bene la comunicazione gay, i magistrati devono essere controllati dal governo e i migranti vanno cacciati a prescindere, e neppure la minaccia di procedure di infrazione sembrano scuotere il governo di destra.
Tuttavia lo stesso governo non ha invocato ad oggi l’articolo 50 dello Statuto dell’Unione Europea. Segno che le chiacchiere lasciano il posto alla concretezza: davvero a Varsavia c’è chi è disposto a rischiare la retorica della Polexit, che fa ben presa sulla destra bigotta, in cambio del pieno di voti?
Fatto sta che per le strade di Varsavia e di altre città polacche si sono snodati ieri cortei di protesta contro il governo e contro l’idea, assai remota, di uscire dall’Ue; a Danzica è rispuntata la figura storica di Lech Walesa, Premio Nobel per la pace, il quale a quasi 80 anni ha arringato la folla parlando a favore dell’Europa unita e contro il governo nazionalista, mentre per la sua opposizione al regime comunista polacco, ha parlato alla folla a Danzica, accompagnato dagli applausi. Stessa cosa l’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, per il quale la linea del governo sta mettendo in crisi la partecipazione della polonia all’Unione Europea.