Principi di condotta militare: la precauzione

di Maddalena Pezzotti

Corollario al principio di distinzione, quello della precauzione, oltre alla messa al bando di attacchi indiscriminati e sproporzionati, accorda ulteriore protezione ai civili durante le ostilità, e statuisce doveri complementari alle parti in conflitto. Ai sensi dell’articolo 57 del I Protocollo aggiuntivo (1977) delle Convenzioni di Ginevra, paragrafi 2 e 3, bisogna garantire un accertamento esaustivo degli obiettivi affinché non coincidano né con persone civili né con beni di carattere civile.
Il parametro giuridico è volto ad assicurare che le perdite siano ridotte al minimo, verificando che il target sia militare. Le modalità applicative sono differenti in ragione del tipo di manovre – aeree, terrestri, navali -, e regolate da un numero di fattori, fra i quali, vincoli normativi, regole di ingaggio o disposizioni gerarchiche; fotografie, filmati e ogni altra informazione circa la natura del bersaglio; rapporti di intelligence riguardo a mutate circostanze; verifiche dirette in fase di esecuzione, così come il ricalibramento dell’azione in caso di acquisizione di nuovi elementi.
Il linguaggio tuttavia non è perentorio e lascia ampi margini di discrezionalità. Infatti le espressioni “precauzioni possibili”, “tutto ciò che è praticamente possibile”, “in tutta misura praticamente possibile”, secondo la dichiarazione interpretativa dello stato italiano, e di molti altri paesi, non solo membri della Nato, devono tener conto di circostanze e capacità, al momento dell’incursione. È il caso dell’impiego dei sistemi di precisione o a puntamento diretto – missili guidati o fucili automatici -, preferibili ad armamenti a puntamento indiretto o a raffica – obici o mortai -, che potranno essere imposti in determinati contesti ed entro la disponibilità materiale di ciascun attore.
Ciò nondimeno, la scelta di metodi e mezzi/armamenti è rilevante per l’adozione delle misure precauzionali e, se non si possono pretendere condotte impraticabili, allo stesso tempo, non si può limitare l’efficacia del principio. Si devono, quindi, valutare l’urgenza e l’importanza dell’attacco; le condizioni meteorologiche o morfologiche; i rischi per le forze amiche in prossimità; i danni incidentali a civili o beni di carattere civile; il deterioramento esteso, durevole o grave, all’ambiente naturale, qualora l’obiettivo racchiuda forze pericolose (centrali nucleari, depositi di armi chimiche); la possibilità di comprovare, mediante fonti utili, il processo logico-giuridico seguito per evitare lo sfruttamento mediatico; e, non da ultimo, il miglioramento delle operazioni in base a lezioni apprese.
La Commissione arbitrale per la guerra fra l’Etiopia e l’Eritrea, con sentenza del 2004, ha applicato il principio di precauzione per ritenere colpevole l’Eritrea delle morti, i ferimenti, e i danni, provocati dalla sua aviazione, in data 5 giugno 1998, nei sobborghi di Ayder, in Etiopia. Il fatto di aver mancato l’obiettivo, l’aeroporto di Macallè, in due missioni su quattro, e l’omissione di provvedimenti concreti perché l’evento non tornasse a ripetersi, ha rappresentato, una mancanza di cautela negli stadi di pianificazione e conduzione, così come l’assenza di volontà nella correzione della condotta bellica.
Altra prescrizione fondamentale è quella relativa al dovere di avvertire la popolazione civile di irruzioni che potrebbero coinvolgere persone e proprietà privata, per consentire loro di mettersi in salvo o proteggere, in qualche modo, i beni individuali e collettivi. In generale, si tratta di volantini, chiamate e messaggi sui cellulari, comunicati radio e televisivi, sollecitando i residenti all’evacuazione. Il preavviso deve essere efficace (i destinatari devono comprenderne il contenuto e avere un tempo sufficiente), e specifico (i destinatari devono essere in grado di discernere con certezza le aree designate).
È contemplato che questo tipo di annuncio possa anche essere espletato a beneficio del personale militare, sebbene l’obbligo possa venir meno, nel caso in cui tolga l’effetto della sorpresa, o venga compromessa la sicurezza degli attaccanti. Durante la Guerra del Golfo del 1991, le forze alleate avvisarono i soldati iracheni che, senza un segno chiaro ed evidente di inoffensività, i loro carri armati sarebbero potuti essere oggetto di aggressione.
Inoltre, “quando è possibile una scelta fra più obiettivi militari per ottenere un vantaggio militare equivalente, la scelta dovrà cadere sull’obiettivo rispetto al quale si può pensare che l’attacco presenta il minor pericolo per le persone civili e per i beni di carattere civile”. Ad esempio, per impedire il movimento dell’esercito nemico si distruggerà la linea ferroviaria in un punto distante dal centro abitato, sempreché il vantaggio militare non venga intaccato. Ciò vale anche in relazione alla tempistica. Se l’obiettivo da colpire è nei pressi di un mercato affollato di giorno, l’attacco dovrà essere compiuto di notte, a meno che non sia pregiudicato il vantaggio militare.
Con riferimento, invece, alle parti che subiscono l’attacco, queste, ai sensi dell’articolo 58 del I Protocollo aggiuntivo: “faranno ogni sforzo per allontanare dalle vicinanze degli obiettivi militari la popolazione civile, le persone civili e i beni di carattere civile che si trovano sotto il loro controllo”. Anche se, come detto, si deve evitare di collocare obiettivi militari all’interno o in prossimità di zone densamente popolate, la norma non costringe a trasferire le strutture, sin dal tempo di pace, fuori dai centri abitati. Richiede solo un innalzamento degli standard di cautela in situazione di conflitto armato, come l’attivazione di sirene d’allarme o l’approntamento e facile identificazione di rifugi.
In aggiunta deve essere impedito l’utilizzo di scudi umani. Secondo l’articolo 51.7 “la presenza o i movimenti della popolazione civile non dovranno essere utilizzati per mettere talune zone al riparo da operazioni militari, in particolare per mettere obiettivi militari al riparo da attacchi, o di coprire, favorire o ostacolare operazioni militari”. Per le forze attaccanti non c’è, comunque, l’onere di astenersi dall’azione militare in presenza di scudi umani. Va, però, considerata con estremo rigore la proporzionalità in caso di scudi umani non volontari.