Usa. Quando la società opulenta non incontra limiti di crescita

di Giovanni Caruselli

Che la povertà nel mondo moderno sia uno scandalo di cui i cosiddetti Paesi civili devono vergognarsi non è una novità. Ma è veramente doloroso constatare con la forza dei numeri che negli Usa, cioè in uno dei Paesi più ricchi del pianeta, la quantità dei bambini poveri contrasta incredibilmente con la super ricchezza della “high class”. “Children’s Defense Fund” è un istituto di ricerca che si occupa del problema della povertà dei minori negli Stati Uniti. Nei suoi report ci dice che a fronte dell’1% della popolazione più ricca del Paese troviamo circa 12 milioni di bambini che vivono sotto la soglia di povertà; in termini proporzionali 1 su 6. Nel 2016 1,3 milioni di bambini sotto i 6 anni erano senza tetto. Nella classifica stilata da Save the Children gli Usa occupano insieme alla Cina il 36mo posto nella cura complessiva dei minori.
Com’è possibile una contraddizione di questo genere? Altrettanto incredibile è che i tre uomini più ricchi degli Usa possiedono la stessa ricchezza del 50% meno ricco del popolo americano, cioè più di 160 milioni di persone. Il problema sta evidentemente nella disuguaglianza del reddito, o meglio nella ineguale redistribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro della collettività. È vero che l’incremento della ricchezza generale prima o poi va a vantaggio di tutti, ma la concentrazione di essa determina una crescente competitività che inevitabilmente scivola dall’ambito puramente economico a quello politico, e poi facilmente a quello militare. Pensare che chi produce possa accontentarsi della ricchezza che possiede è illusorio. E ciò non necessariamente per scarsa empatia con i poveri, ma perchè in una competizione senza traguardi prefissati è quasi obbligatorio utilizzare tutti i mezzi disponibili per non farsi superare dai concorrenti e non essere espulsi dal mercato. Negli ultimi decenni dell’Ottocento negli Usa vennero emanate alcune leggi antitrust per evitare la monopolizzazione dell’economia da parte di singoli imprenditori o gruppi azionari. Tuttavia, osservando l’attuale situazione, si può comprendere bene che esse non sono state sufficienti. Ancora una volta in termini numerici: lo 0,1% della popolazione più ricca guadagna 188 volte di più del 90% della popolazione più povera. Bisogna chiedersi se un sistema economico di questo genere può procedere all’infinito senza conflitti sempre più violenti. In altre parole che cosa significa per un bambino povero americano di oggi trovarsi domani come adulto di fronte a un insuperabile svantaggio determinato dalle pochissime opportunità di cui ha usufruito? Saremo ancora di fronte al sogno americano, al paese delle opportunità, o a una società divisa in caste?