Senkaku. Braccio di ferro fra Pechino e Tokio: sbarchi, minacce e chiusura di fabbriche

di Enrico Oliari –

Pechino minaccia “ulteriori azioni” nei confronti di Tokyo in merito alla controversia territoriale delle isole Senkaku, disabitate, contese fra i due paesi e ricche di gas, anche se spera in “una soluzione pacifica e negoziata al problema”. Lo dichiara oggi il ministro della Difesa cinese, il generale Liang Guanglie, in occasione di una conferenza stampa congiunta con il suo omologo statunitense Leon Panetta.
Il timore degli Stati Uniti, infatti, è che la situazione possa degenerare addirittura in un conflitto, anche se, come ha ribadito il Segretario alla Difesa, ”non è nell’interesse di nessuno che questa situazione degeneri in un conflitto che metta a repentaglio la pace e la stabilità della regione”, motivo per cui ”gli Usa stanno sollecitando entrambe le parti a calma e moderazione”.
Stamane sono sbarcati sulle Senkaku due attivisti nazionalisti giapponesi, cosa che ha fatto adirare Pechino, ma è bene ricordare che il Giappone ha acquistato nei giorni scorsi dalla famiglia cinese che li possedeva, al presso di 25 mln di dollari, tre dei cinque isolotti; subito dopo, probabilmente con l’appoggio del governo cinese, vi sono state manifestazioni con scontri in diverse città della Cina, durante le quali sono stati distrutti negozi di proprietà di giapponesi, mentre l’ambasciata di Tokyo è stata oggetto di lanci di pietre.
Nella difficile situazione che si è creata (si sono susseguiti anche sbarchi di nazionalisti di entrambi gli schieramenti sulle isole), importanti colossi nipponici come Canon, Panasonic e Honda hanno sospeso la loro produzione in Cina, chiudendo provvisoriamente gli stabilimenti.
Altre isole contese da parte del Giappone sono le Takeshima, con la Corea del Sud (ed altri), e le Curili, con la Russia.