Siria. I russi agiscono dalla base iraniana. Ma sulla cooperazione gli Usa fanno orecchie da mercante

di Enrico Oliari –

russia bombardiere grandeMentre dalla base iraniana di Hamadan, nell’Iran centro-occidentale, i bombardieri Tu-22M3 i jet Su-34 russi continuano a infliggere duri colpi allo Stato Islamico, da Washington le reazioni sono quelle di un’iniziativa inaspettata, con il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner che sul New York Times ha affermato che “Suppongo che stiamo ancora cercando di capire che cosa stiano facendo Russia e Iran”.
Il prestigioso quotidiano newyorchese spiega d’altro canto che l’operazione dei russi è la prima di un Paese straniero lanciata dal territorio della Repubblica Islamica dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ma è evidente che ora il timore dell’amministrazione Usa è che la Russia, estromessa dalle logiche occidentali a causa della crisi della Crimea, espanda o aumenti la sua influenza in altri fronti, dalla Turchia, alla Siria, all’Iran.
Prudentemente il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è intervenuto sulla Ria Novosti per mettere le mani avanti, spiegando che “non vi è ragione di sospettare che la Russia abbia violato la risoluzione dell’Onu 2231” sulle sanzioni all’Iran, poiché “Non vi è stata fornitura, vendita o trasferimento di aerei da guerra all’Iran”.
D’altronde il quadro mostra una palese resistenza degli Stati Uniti ai continui inviti di Mosca ad interagire in Siria, ed è comprensibile, visto che da Washington e dagli alleati del Golfo sono arrivati i finanziamenti e le armi per i ribelli e persino per i gruppi jihadisti, in funzione anti al-Assad.
Le timide aperture ad una fattiva cooperazione contro i jihadisti dell’Isis si sono avute fino ad oggi solo nelle operazioni per l’avvicinamento su Raqqa: il 4 giugno il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri Usa Sergei Lavrov si sono telefonati per concordare una manovra a tenaglia per arrivare alla capitale siriana dell’Isis, con le forze dell’Sdf e curde sostenute dagli Usa da nord-ovest attraverso Manbij (Bambice), presa il 12 agosto, e quelle siriane sostenute dai russi da sud-ovest attraverso Tabqa, dove sono intensi i combattimenti.
Per il resto siamo solo alle mezze idee buttate lì, ma diversamente non potrebbe essere, poiché rispondere alla richiesta russa di un’azione comune ad Aleppo contro i jihadisti di Jabhar Fath al-Sham (ex Jabat al-Nusra, diramazione siriana di al-Qaeda) e contro i loro alleati di Jaysh al-Islam e di Ansar al-Sham, sconfesserebbe la politica statunitense in Siria. Basti pensare allo scandalo delle armi Usa cedute dai ribelli ai jihadisti: nel settembre 2015 il Centcom, il comando delle forze americane in Medio Oriente, ha ammesso che i ribelli siriani addestrati dagli Usa hanno ceduto parte delle loro armi ed equipaggiamenti affidatigli dal Pentagono a Jabat al-Nusra “in cambio del loro passaggio” nel gruppo, e nell’agosto 2014 l’ex segretario di stato Usa Hillary Clinton ha ammesso che l’Isis “è stato un fallimento. Abbiamo fallito nel voler mettere in piedi una guerriglia anti al-Assad credibile. La forza di opposizione che stavamo creando era composta da islamisti, laici e da gente nel mezzo: l’incapacità di fare ha lasciato un grande vuoto che i jihadisti hanno ormai occupato. Spesso sono stati armati in modo indiscriminato da altre forze e noi non abbiamo fatto nulla per evitarlo”.
Lavrov ng grandeVista da fuori, l’unica potenza che sta facendo qualcosa di serio in Siria per fermare il disastro che ha portato ad oltre 300mila morti e alla costituzione dello Stato Islamico è la Russia, che è riuscita a strappare lo scorso 9 agosto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan il blocco dei confini dove per anni sono transitati decine di migliaia di foreign fighter, armi e materiali di ogni genere: per il drammatico caso umanitario di Aleppo, che non dimentichiamo essere la roccaforte siriana di al-Qaeda, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha proposto un corridoio aereo onde evitare che i jihadisti ed i loro ribelli alleati continuino a ricevere armi.
Incominciate alcuni mesi fa, le operazioni siriane su Aleppo sono state un attacco preventivo dopo che i satelliti russi avevano permesso di appurare l’ammassamento di jihadisti pronti a lanciarsi in un’offensiva.
Tornando ai Su-34 partiti dalla base iraniana di Hamadan, il ministero della Difesa russo ha comunicato che nelle ultime ore sono stati colpiti obiettivi dell’Isis nella provincia di Deir el-Zor; nella fattispecie sono stati distrutti due posti di comando e campi di addestramento dell’Isis e “Tra i 150 miliziani uccisi vi erano alcuni anche mercenari stranieri”.
Lavrov, in una cooperazione con gli Usa ci continua a sperare, anche perché di alternative per la soluzione della crisi siriana non ce ne sono: ieri si è sentito nuovamente con il collega statunitense John Kerry, al quale ha detto che “Il compito principale in questo momento è stabilire finalmente un coordinamento” tra Russia e Usa. Ha poi spiegato alla Ria Novosti che “Stiamo discutendo a livello di militari, di intelligence e ministri degli Esteri”, ed ha detto di sperare che si possa raggiungere l’intesa prima che il presidente Obama e quello russo Vladimir Putin si incontrino per il G20 di Hangzhou, in Cina, il prossimo 4 settembre.