
di Enrico Oliari –
Fino a poco fa Ahmad al-Sharaa era considerato dagli Usa un terrorista a tutti gli effetti, sia per essere stato a capo della diramazione siriana di al-Qaeda e poi della derivazione Hayat Tahrir al-Sham, sia per essere stato per un certo periodo membro nientemeno che dell’Isis. Rimossa da qualche mese la taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa, oggi il presidente siriano, che ha preso il potere in dicembre cacciando in Russia Bashar al-Assad, ha incontrato a Riad il collega statunitense Donald Trump, un fatto senza precedenti. E promettendo il suo impegno per la stabilità del paese e per l’inclusione delle minoranze etniche e religiose, ha ottenuto dalla Casa Bianca la “revoca di tutte le sanzioni”, cioè del Caesar Act statunitense del 2019, per dare al Paese “un nuovo inizio”.
Lo ha annunciato lo stesso Trump all’incontro con i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo: “dopo essermi consultato con il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman, ho disposto la revoca delle sanzioni alla Siria”.
L’incontro tra i due presidenti è durato quasi quaranta minuti ed è stato all’insegna di un rinnovato spirito, perché per primi gli Usa hanno la necessità di stabilizzare l’intera regione, a cominciare dai dossier siriano e palestinese. Basti pensare che nell’intricato gioco di alleanze e interessi mutevoli che da sempre caratterizza il Golfo, il presidente Usa ha concluso oggi una commessa da 200 miliardi di dollari per la fornitura di aerei al Qatar, ma poi ci sono contratti su contratti sui tavoli di Arabia Saudita, Bahrein ecc. Trump lo sa: con la guerra si vendono armi e si fanno affari, ma con la pace si vende tutto il resto, e gli affari sono d’oro. Da qui la necessità di un Medio Oriente stabile, a costo di far passare per angeli quelli che fino a ieri erano diavoli.











