Sudan. Khartoum corre ai ripari e cerca il suo petrolio

di Giacomo Dolzani –

Dopo il referendum, tenutosi il 9 luglio 2011, che ha sancito la secessione del Sud Sudan dal nord, Khartoum ha visto una diminuzione delle sue entrate provenienti dalla produzione di greggio per circa un miliardo e mezzo di dollari, dovuta quasi esclusivamente al fatto che il 75% delle risorse petrolifere di quello che era il Sudan precedente alla secessione sono ora sotto il controllo di Juba.
Il Sud Sudan infatti, nonostante la grande arretratezza anche rispetto allo stesso Sudan, ha praticamente basato la sua esistenza sull’estrazione della sua enorme riserva petrolifera.
Per compensare questa perdita, pari a quasi due punti percentuali del proprio PIL, Khartoum ha avviato una campagna di esplorazione del sottosuolo in cinque dei sei blocchi petroliferi del paese, ad esclusione del Darfur.
Queste esplorazioni, annunciate da Azhari Abdalla, direttore generale dell’autorità governativa per la produzione e l’esplorazione di petrolio, saranno affidate sia ad aziende estere (australiane, brasiliane, canadesi, egiziane, francesi, belghe e nigeriane), sia alla compagnia petrolifera di stato, la Sudapet.
Il Sudan quindi, dopo le contese ancora irrisolte con il Sud, che lo ha spogliato della maggior parte delle sue ricchezze, cerca di correre ai ripari, soprattutto ora che pare stiano per iniziare i lavori per la costruzione di un oleodotto che consentirebbe a Juba di esportare il proprio petrolio bypassando i territori di Khartoum, finora passaggio obbligato non essendoci altre condutture disponibili, facendo transitare il greggio attraverso il corno d’Africa e, cosa che non stupisce, proprio grazie ad investimenti cinesi.