Taiwan. Visita di senatori Usa e miliardi in armi: la guerra si avvicina

di Enrico Oliari

A Pechino non è andata giù la visita ufficiale dei senatori Usa a Taiwan. Il gruppo di parlamentari era guidato dal presidente democratico della commissione Esteri Bob Menendez e dal repubblicano Lindsey Graham, che insieme si sono visti con la presidente Tsai Ing-wen per ribadire la vicinanza degli Stati Uniti a Taipei. Un gesto voluto soprattutto per mostrare a Pechino la determinazione bipartisan del Congresso statunitense a tutelare l’indipendenza di Taiwan in un momento delicato di espansionismo economico e militare cinese.
Graham, considerato un “falco” della politica americana vicino a Donald Trump, ha ribadito che “gli Usa non lasceranno sola Taiwan in caso di aggressione cinese, dal momento che noi abbiamo un esercito forte, non per prendere ciò che è di altri, bensì per garantire la libertà nel mondo”. Ha poi affermato che “la posizione ambigua della Cina sul tema dell’invasione dell’Ucraina rappresenta una posizione che ci spinge a iniziare a far pagare ai cinesi un prezzo maggiore per ciò che stanno facendo in tutto il mondo”.
Con l’aumento delle tensioni gli Usa stanno facendo affari d’oro vendendo armi e armamenti ai vari paesi dell’area, ed in particolare a Taiwan sono stati piazzati missili di ogni genere, batterie difensive Patriot, droni, sistemi anti nave e F-35. D’altronde i cinesi non perdono occasione per gettare benzina sul fuoco, ed anche ieri il ministero della Difesa di Taiwan ha denunciato l’ennesima incursione nella propria zona di identificazione di quattro caccia J-16 e due J-11. Contestualmente alla visita dei parlamentati statunitensi, i cinesi hanno avviato importanti esercitazioni militari in prossimità dello Stretto di Taiwan.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha riportato in conferenza stampa che “le azioni militari dell’esercito sono una risposta alle recenti iniziative degli Usa, compresa la visita della delegazione di parlamentari a Taiwan”. Infatti “esiste una sola Cina nel mondo, e Taiwan è parte integrante del suo territorio”. Zhao ha insistito che per l’annessione di Taiwan “è preferibile la via pacifica”, ma se questa non sarà possibile “verrà attivata ogni misura necessaria per assicurare la riunificazione”. Ha poi avvertito che “gli Usa dovrebbero smettere d vendere armi a Taiwan, semmai dovrebbero attivarsi per concretizzare il loro impegno a non sostenere l’indipendenza di Taiwan”.
Per comprendere la complessità della questione bisogna tenere presente che la Repubblica di Cina (Taipei) e la Repubblica Popolare Cinese (Pechino) si considerano a vicenda secessioniste dopo che nel 1949 fu sconfitto il Kuomintang e Taipei venne proclamata capitale di tutta la Cina, come pure il fatto che quando la Repubblica Popolare Cinese aderì all’Onu, nel 1971, le varie nazioni (compresi gli Usa) tolsero il riconoscimento a Taiwan, che oggi ha relazioni diplomatiche con 13 paesi, cioè Belize, Guatemala, Haiti, Honduras, Isole Masrhall, Nauru, eSwatini, Santa Sede, Tuvalu, Saint Lucia, Saint Kittis e Nevis e Paraguay. Alcuni governi, tra cui quello degli Stati Uniti, hanno attivato a Taiwan un ufficio commerciale, una sorta di rappresentanza che tuttavia non ha le funzioni della sede diplomatica.
Stando a quanto ribadito in più occasioni dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi, l’invasione di Taiwan sarebbe solo una questione di tempo: è stata scritta nel luglio 2019 nel programma di politica estera del Libro Bianco, una sorta di programma a medio-lungo termine del governo cinese, in cui viene sottolineata la necessità che Taiwan ritorni alla Repubblica Popolare Cinese “anche attraverso l’uso offensivo dello strumento militare”.
Diversi analisti danno come certa la guerra entro il 2025, e il governo guidato da Tsai Ing-wen ha aumentato per quest’anno il budget delle spese militari portandolo a 17,07 miliardi di dollari.

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