di C. Alessandro Mauceri –
Dopo anni di blandi ma pur sempre positivi dati riguardanti la lotta alla fame nel mondo, negli ultimi sei anni la situazione mostra un peggioramento consistente. A confermarlo è l’ultimo rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo (Sofi) pubblicato il 24 luglio dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e da altre quattro agenzie che fanno capo all’ONU.
La situazione non mostra segni di miglioramento e i livelli di sottoalimentazione sono paragonabili a quelli del 2008-2009. Una condizione preoccupante anche in vista della scadenza dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile numero due: a sei anni dal 2030, le tendenze della fame e dell’insicurezza alimentare non si stanno ancora muovendo nella giusta direzione per porre fine alla fame e all’insicurezza alimentare (SDGs Target 2.1) e gli indicatori dei progressi verso gli obiettivi nutrizionali globali mostrano che il mondo non è sulla buona strada per eliminare tutte le forme di malnutrizione (SDGs Target 2.2). “A soli sei anni dalla scadenza fissata per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, trasformare i sistemi agroalimentari è diventato più importante che mai – ha detto Qu Dongyu, direttore generale della FAO –. Abbiamo il dovere di innovare e collaborare per costruire sistemi agroalimentari più efficienti, inclusivi, resilienti e sostenibili, in grado di affrontare meglio le sfide future per un mondo migliore”. Miliardi di persone non hanno accesso a cibo nutriente, sicuro e sufficiente.
Dati confermati anche dal World Food Programme. Nel mondo, son almeno 783 milioni le persone che non hanno cibo a sufficienza per vivere. Oltre 40 milioni di persone in 51 paesi rischiano di precipitare a livelli di fame emergenziali, di non poter sopravvivere. Alcune zone di Yemen, Sud Sudan, Etiopia e Nigeria potrebbero essere prossime o già nella morsa della carestia. Spesso si tratta di paesi dove sono in corso guerre o emergenze climatiche.
Come sottolineato anche da Action Aid, le cause sono ben note. La prima è la povertà, le persone che vivono in condizione di povertà estrema non hanno la possibilità di nutrirsi in maniera adeguata. È un rapporto di causa ed effetto sorprendente: non nutrendosi adeguatamente, non hanno le forze necessarie per svolgere nessun tipo di lavoro, quindi non possono procurarsi cibo. È la trappola della povertà. Un circolo vizioso da cui è difficile uscire.
Un altro dei problemi è la mancanza di investimenti nel settore dell’agricoltura. Strade in buone condizioni, strutture e magazzini, sistemi di irrigazione, macchinari: a causa della crisi economica molti paesi sottosviluppati non hanno la possibilità di investire nell’agricoltura. A volte è il costo del trasporto ad essere eccessivo, altre volte non c’è disponibilità di acqua potabile.
E poi gli eventi climatici estremi, come alluvioni, periodi di siccità prolungati, tempeste tropicali. Tutte queste calamità si stanno verificando con frequenza e intensità sempre maggiori e con disastrose conseguenze sui paesi colpiti, spesso molto poveri.
Spesso la fame è conseguenza di guerre e conflitti. I rifugiati scappano da sanguinose guerre e conflitti civili che li hanno privati di tutto: di una casa, degli affetti, di qualsiasi speranza di avere un futuro, anche di potersi procacciare il cibo. In guerra il cibo diventa un’arma. Spesso i soldati distruggono le scorte di cibo e finiscono per colpire anche i civili. I campi vengono cosparsi di mine e le fonti d’acqua vengono inquinate.
Anche l’instabilità dei mercati produce danni non indifferenti: negli ultimi decenni il prezzo del cibo è stato molto instabile. Questo fa in modo che i paesi più poveri non riescano ad avere accesso al cibo durante tutto l’anno, ma solo quando il costo è più basso. Quando il prezzo sale sopra una certa soglia le persone mangiano cibi più economici e meno nutrienti (il cosiddetto junk food, cibo spazzatura). In altri casi non riescono ad avere nemmeno quello.
Si tratta di problemi noti da molti anni. Ma gli accorati appelli sono sempre rimasti inascoltati. Ogni volta che se ne parla, i governi confermano la propria volontà di avviare misure per combattere la fame nel mondo. Poi però emanano leggi per combattere in un altro modo: invece di combattere la fame pensano a spendere in armi e armamenti per combattere guerre inutili. E lo fanno in misura decine di volte maggiore di quanto basterebbe a sfamare tutti, basti pensare che solo gli Usa producono ogni anno armi per 750 miliardi di dollari. Sarebbe sufficiente destinare una piccola parte di queste risorse per salvare la vita di milioni di persone, ma la cosa non sarebbe economicamente e geopoliticamente vantaggiosa.
Ultimo, ma non meno importante, lo spreco di cibo. La cosa più assurda è che oggi, a livello globale, si produce abbastanza cibo per sfamare tutti. Un terzo di tutto il cibo prodotto a livello mondiale (circa 1,3 miliardi di tonnellate) non viene consumato. E mentre in alcune zone del pianeta questo cibo viene letteralmente buttato nella spazzatura, in altri paesi milioni di uomini, donne e bambini soffrono letteralmente la fame. Un controsenso in un mondo dove una persona su otto soffre di malnutrizione cronica.
A causa di tutto questo, insieme alle conseguenze socio-economiche prima della pandemia e poi delle guerre sempre più numerose, oggi in crescendo le persone vulnerabili per la grave insicurezza alimentare.