Tunisia: cento partiti alle elezioni e l’islamico-moderato ‘Al Nahda’ candida le donne. Anche senza velo.

Dal nostro corrispondente Saber Yakoubi

Non si era mai vista una Tunisia cosi colorata di simboli e di slogan di partito, con una campagna elettorale dinamica, con diversi intellettuali che si sfidano a colpi di dibattiti e di programmi per il futuro del Paese. E’ un’aria fresca, quella che si respira oggi, limpida, di libertà: domenica scorsa è infatti partita la colossale competizione con quasi 100 partiti in gara per l’Assemblea costituzionale.
Notizie Geopolitiche era presente nella città di Sousse in occasione dell’apertura della campagna elettorale di Al Nahda, il partito islamico moderato che, stando ai sondaggi ed al parere degli osservatori, potrebbe avere ottime chances di portare a casa un buon risultato. Il movimento che si raccoglie attorno al leader al-Ghannushi, appare molto organizzato e determinato, nonostante fosse stato messo al bando sotto la dittatura di Ben Alì. Al Nahda (‘la Rinascita’) viene accusato da più parti di essere latore di una nuova dittatura di carattere teocratico-islamista, ma, nella sola Sousse si presenta con una lista paritaria, formata da cinque uomini e cinque donne, guidata dal segretario generale del partito, Hamadi Jebali.
Fra le candidate vi è la docente universitaria e psicologa Monia Ibrahim, la quale spiega che “la presenza  femminile in Al Nahda è storica. La donna ha sempre contribuito alla vita del movimento e non è mai stata oscurata o censurata nella maniera più assoluta”.
Tant’è che, nonostante si tratti di un partito islamico, lei non porta il velo…
Ma quale velo… la verità è che, purtroppo è stata fatta da sempre nei nostri confronti una campagna feroce, mentre a noi di Al Nahda non veniva data la possibilità di dire le cose come stanno. L’elenco delle donne incarcerate, torturate o uccise per le proprie idee in Tunisia  è lunghissimo ed anche quello ha reso difficoltoso l’orgoglio dell’appartenenza. Le donne senza velo nel nostro movimento sono una realtà diffusa ed è alla singola donna che rimane la scelta di portarlo o meno: il nostro partito è aperto a tutte le donne tunisine senza pregiudizio alcuno”.
Tuttavia da alcune parti del mondo femminile italiano si sono manifestate preoccupazioni per la situazione della donna nel mondo islamico: cosa risponderebbe in proposito?
Approfitto proprio di Notizie Geopolitiche per invitare chi ha delle perplessità ad aprire le porte al dialogo ed al confronto, poiché lo stato della donna tunisina islamica ha raggiunto traguardi importanti, anche se restano ancora diverse cose da fare per raggiungere la piena libertà e democrazia nella nostra società. Sì, io mi sentirei di tranquillizzare il mondo femminile occidentale su questo genere di interrogativi”.
Al Nahda ha incontrato diverse difficoltà nel suo percorso, sia all’epoca della presidenza di Bourghuiba che durante la dittatura di Ben Ali. Cosa cambiato oggi, dopo la rivoluzione culturale scaturita dal drammatico gesto di Bouazizi?
Era il 1981, presidente Habib Bourghuiba, quando il nostro movimento chiese la licenza per trasformarsi in partito ufficiale. Ne seguirono gli arresti di tutti coloro che avevano anche un minimo legame con Al Nahda. Nel 1989 ci furono nuove elezioni e scendemmo in campo, ma i risultati vennero brutalmente falsificati ed ancora venne fatta terra bruciata incarcerando esponenti e militanti del partito ed obbligando altri a fuggire all’estero. Oggi tuttavia ci troviamo in una Tunisia che ha detto ‘basta’ ai dittatori, dove la scelta su chi deve governare è tornata ai cittadini”.
Il potere è quindi nelle mani del popolo o si tratta solo di una parvenza?
Certamente il potere lo ha il popolo, anche se assistiamo a colpi bassi, come i fatti avvenuti il 14 settembre, quando noi di Al Nahda avevamo pubblicato il nostro programma elettorale e già il giorno dopo i media ci accusavano di voler indossare il vestito del potere”.
Jack Chirak nella sua visita in Tunisia aveva parlato di ‘miracolo economico’, tuttavia, dopo la caduta di Ben Alì, sono venuti alla luce i dati spaventosi di un milione di disoccupati su una popolazione di dieci milioni di abitanti e di uno stato di povertà che interessa il 25 per cento della popolazione. Come si propone di intervenire Al Nahda di fronte a questa crisi?
Noi, con il nostro programma, ci siamo prefissati la creazione di 600.000 posti di lavoro ed è un obiettivo raggiungibile, studiato dai migliori esperti in economia del paese”.
Il cambiamento passerà certamente attraverso tappe. Al Nahda in quale tappa si trova ora?
Oggi Al Nahda sta raccogliendo i frutti dei semi messi nel terreno in anni e anni di ingiustizie, epoche buie della storia tunisina. Noi siamo certi della vittoria, perché oggi la Tunisia è nelle mani dei tunisini e non dei dittatori”.
Accanto a Monia Ibrahim vi è un’altra donna candidata, l’ingegnere civile Sarra Nwira. Signora Nwira, anche lei non porta il velo…
Faccio parte di questo partito da anni ed il fatto di non portare il velo non ha mai rappresentato un limite nei miei confronti: nessuno mi ha mai fatto sentire diversa o inaccettabile”.
Tuttavia si tratta di un partito islamico…
E’ vero, ma si tratta sempre e comunque di un movimento civile, non religioso, libero e democratico. L’idea di noi propagandata durante le dittature deve avere fine ed oggi la competizione elettorale deve essere leale, fatta di programmi e di politica, non di falsi moralismi, di inutili allarmismi e di idee avvelenate”.
Si dice che i giovani hanno fatto la rivoluzione ed i vecchi ne stanno usufruendo. Cosa ne pensa?
E’ vero che fra i giovani vi è una crisi di fiducia, ma questo è dovuto più al disorientamento che vive il giovane tunisino, il quale è sempre vissuto sotto un partito unico. Non dimentichiamo che veniva quasi considerato un reato appartenere ad un partito che non fosse quello di Ben Alì, mentre oggi, nel giro di pochi mesi, sulla scena si presentano ben 100 movimenti diversi. La democrazia ha i suoi tempi: il giovane non è in uno stato di abbandono, serve solo tempo, perché la democrazia va, prima di tutto, capita”. 

Nella foto: Sarra Nwira (a destra) e Monia Ibrahim (a sinistra)