Turchia. Negli Usa il pastore accusato di cospirazione: Erdogan temeva nuove sanzioni

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C’è sicuramente la crisi economica ed il timore di nuove sanzioni alla base della decisione del presidente turco Recep Tayyp Erdogan di far rilasciare il pastore evangelico statunitense Andrew Brunson, giunto negli Usa dopo due mesi di arresti domiciliari a Smirne con l’accusa di cospirazione e terrorismo per aver avuto all’indomani del fallito golpe (presunto o vero che sia stato) del 15 luglio 2016 contatti con il Pkk e con seguaci dell’imam Fethullah Gulen, ritenuto dal regime di Erdogan essere la mente della presunta azione eversiva.
Per l’arresto di Brunson l’amministrazione Trump aveva introdotto sanzioni nei confronti di Suleyman Soylu, ministro dell’Interno, e di Abdulhamit Gul, ministro della Giustizia, “titolari – era stato spiegato dal dipartimento di Stato Usa – dei dicasteri maggiormente responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani avvenute finora in Turchia”.
Oltre a questo era stata decisa l’introduzione del raddoppio delle tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio dalla Turchia, paese che è sulla strada della recessione economica nonostante il recente surplus mensile delle partite correnti.