di Riccardo Renzi * –
Sulla maggior parte delle testate giornalistiche e di geopolitica è riportata la notizia dei colloqui USA-Ucraina che si sono svolti a Gedda nel pomeriggio dell’11 marzo. Intorno alle 20.00 sono trapelati già i primi risultati. Le delegazioni di Ucraina e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo preliminare che potrebbe segnare un passo significativo verso la fine del conflitto con la Russia. L’Ucraina ha accettato una proposta degli Stati Uniti per un cessate-il-fuoco immediato di 30 giorni, con possibilità di proroga, in cambio di un impegno da parte della Russia. Un’intesa che si inserisce in un contesto diplomatico teso ma pragmatico, volto a scongelare le negoziazioni che da tempo faticano a trovare una soluzione. Secondo quanto dichiarato dal segretario di Stato statunitense Marco Rubio, “la palla è nel campo” di Mosca. La Casa Bianca ha annunciato anche la revoca del blocco sugli aiuti militari all’Ucraina, un segno tangibile dell’impegno degli Stati Uniti verso il sostegno a Kiev. Nel frattempo l’accordo sulle materie prime ucraine, che era saltato a causa delle difficoltà politiche interne degli Stati Uniti, sembra essere in fase di finalizzazione, con il governo di Volodymyr Zelensky desideroso di mantenere il supporto di Washington. Il raggiungimento di questo accordo segna un cambio di rotta dopo settimane di tensioni diplomatiche, in particolare tra Washington e Kiev, culminate con il confronto verbale di febbraio tra l’ex presidente Donald Trump e Zelensky. Il presidente ucraino si è presentato ai colloqui con una proposta di cessate-il-fuoco mirato a verificare la disponibilità della Russia a negoziare, ma anche per rinsaldare i legami con gli Stati Uniti e dimostrare di essere pronto a fare concessioni. Le speranze di una soluzione duratura dipendono però dalla risposta di Mosca, che, secondo la Casa Bianca, dovrà fare la sua parte. La situazione sul campo, con Mosca che continua a controllare circa un quinto del territorio ucraino, rende complessa ogni discussione sulla fine del conflitto. Nonostante le difficoltà, il dialogo resta l’unica via percorribile per evitare una guerra ancora più lunga e devastante.
Risulta però opportuno analizzare e comprendere ciò che sta realmente avvenendo sul campo. Il conflitto in Ucraina ha preso una piega ancor più drammatica con l’intensificarsi delle operazioni russe nella regione di Kursk, dove l’esercito di Mosca ha lanciato una serie di attacchi mirati, accompagnati da un crescente bombardamento aereo e marittimo. Questi sviluppi non solo segnano un punto di svolta nelle operazioni sul campo, ma aprono anche interrogativi sul futuro della guerra e sul coinvolgimento delle potenze internazionali. L’area di Kursk, al confine con l’Ucraina, diventa infatti cruciale tanto per la Russia quanto per l’Ucraina.
La notte del 10 marzo il ministero della Difesa russo ha annunciato l’abbattimento di ben 337 droni ucraini, di cui 91 nei pressi di Mosca. Questi attacchi, sempre più frequenti e sofisticati, hanno causato tre morti e numerosi feriti, con danni significativi alle infrastrutture civili. Mosca ha accusato Kiev di mirare deliberatamente a obiettivi civili, in un’escalation che riflette il carattere ormai globale del conflitto, dove non si combatte solo nelle trincee, ma anche nei cieli e nei cyberspazi. La Russia ha reagito rapidamente, chiudendo due aeroporti principali di Mosca, Zhukovsky e Domodedovo, per evitare nuovi danni alla rete di trasporti civili.
Nel frattempo le forze russe hanno rivendicato la riconquista di 12 località nella regione di Kursk, territori che erano stati brevemente sotto il controllo delle forze ucraine durante le offensive dell’estate 2024. Con il ripristino del controllo su queste aree, la Russia non solo consolida la sua posizione strategica lungo il confine, ma riesce a ridurre il margine di manovra per le forze ucraine nella regione, cruciali per le future trattative.
Se sul campo le forze ucraine tentano di resistere, le dimensioni geopolitiche del conflitto stanno via via assumendo un ruolo sempre più centrale. Il conflitto in Ucraina è diventato infatti una guerra per procura che coinvolge direttamente le grandi potenze mondiali.
La guerra ha reso l’Ucraina dipendente non solo dal supporto militare diretto degli Stati Uniti e dei suoi alleati, ma anche dalle risorse naturali del suo territorio, in particolare per quanto riguarda le terre rare. Le recenti trattative tra Washington e Kiev pongono in discussione la futura gestione di queste risorse, creando un nuovo tipo di legame economico che potrebbe riequilibrare le forze sul campo.
D’altro canto la Russia sta cercando di isolare Kiev da qualsiasi potenziale supporto, con l’obiettivo di indebolire non solo la sua capacità militare ma anche il morale interno, e contestualmente minare la fiducia nelle alleanze internazionali. L’utilizzo di droni in profondità nel territorio ucraino rappresenta da un lato una dimostrazione di superiorità tecnologica, e dall’altro un chiaro messaggio a Kiev: la guerra non si combatte più solo sui confini, ma in tutta Europa, e le potenze mondiali devono essere pronte a fare scelte decisive.
Uno degli aspetti cruciali nelle trattative geopolitiche è rappresentato dalle risorse minerarie ucraine. Le terre rare, essenziali per l’industria tecnologica globale, stanno assumendo un ruolo strategico nelle discussioni tra Ucraina e Stati Uniti. Questo accordo minerario potrebbe rappresentare un risarcimento per gli Stati Uniti per i miliardi di dollari investiti nella guerra, ma potrebbe anche aprire a un nuovo scenario di sfruttamento delle risorse ucraine, con ripercussioni per l’equilibrio geopolitico e le economie mondiali. Inoltre va detto, come sottolineato da Marcello Foa, è proprio l’investimento USA nelle terre rare ucraine a garantire la sicurezza dell’Ucraina stessa.
In uno scenario incerto, le forze russe sembrano sempre più in grado di esercitare una pressione insostenibile su Kiev, soprattutto nelle regioni più vulnerabili come Kursk. Il controllo della regione potrebbe, in futuro, essere determinante nelle trattative di pace, riducendo le opzioni diplomatiche per l’Ucraina. D’altra parte, la resistenza ucraina non è solo una questione di difesa militare. La guerra dell’informazione, la capacità di attrarre sostegno internazionale e il supporto continuo da parte di potenze come gli Stati Uniti potrebbero continuare a garantire all’Ucraina la possibilità di rimanere in gioco, ma non senza costi. I droni, la tecnologia e l’intelligence potrebbero diventare decisivi nel determinare l’esito di questa guerra. Va però aggiunto, notizia degli ultimi minuti, che dopo l’accettazione da parte di Kiev al cessate il fuoco di 30 giorni, gli USA hanno riaperto alla fornitura di aiuti militari e supporto CIA.
* Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, Membro del comitato scientifico della rivista Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.