Un anno fa Maidan. Per agganciare all’Ue un'(altra) economia disastrosa

di Dario Rivolta * –

Nell’anniversario della cacciata del presidente Viktor Yanukovich da Kiev, uno degli slogan urlati durante la manifestazione celebrativa è stato “L’Ucraina è Europa”. Che lo sia o meno, geograficamente parlando, può essere oggetto di interpretazione soggettiva, ma che il desiderio di una parte dei suoi abitanti sia quello di non avere più alcuna dipendenza dalla Russia è certo. Per un europeista di vecchia data vedere che la malandata e incerta Unione abbia ancora un qualche appeal verso i Paesi terzi solletica l’orgoglio ma, sempreché lo si voglia, saremmo noi in grado, oggi, di accogliere uno Stato di cinquanta milioni di abitanti con un’economia disastrosa e perfino peggiorata da una sciagurata guerra civile?
Che piaccia o non piaccia ad alcuni amici ucraini, ai polacchi, agli americani e a tutti quanti altri pretendono Kiev nell’orbita occidentale, quell’economia, è da sempre strettamente legata alla Russia e, comunque vadano le cose, non potrà farne a meno per molti anni.
Fin dai tempi dell’Unione Sovietica i settori industriali dei due Paesi erano strettamente integrati e, prima dello scoppio dell’ostilità, i reciproci scambi commerciali erano più importanti che con chiunque altro. Anche dopo l’indipendenza, gli investimenti russi in Ucraina sommati a quelli provenienti da Cipro (con capitali russi nascosti in quello che era il loro rifugio e “paradiso fiscale”) ammontavano a più del 40% del totale. Ancora nel 2014 essi rappresentavano il 36% degli investimenti stranieri complessivi, mentre quelli tedeschi, ad esempio, costituivano solo il 12,5%.
Il settore bancario ucraino è ancora oggi nonostante il conflitto in gran parte controllato da Mosca e le grandi banche russe Prominvestbank, Sberbank, Alfabank e VTB-Bank sono rispettivamente la quinta, l’ottava, la nona e la decima delle banche ucraine.
Tenuto conto di ciò e considerato che i debiti di Kiev con l’estero sono per il 12% verso Mosca, sarebbe facile per il Cremlino, volendolo, destabilizzare l’intero settore bancario ucraino con conseguenze facilmente immaginabili.
Come risaputo, anche il settore energetico è strettamente legato alla Russia: la società VS Energy International possiede un’importante partecipazione in otto dei ventisette fornitori di energia locali e società russe controllano il trenta per cento delle reti di distribuzione. Senza contare che, da tempo, anche una parte di elettricità è fornita dalle centrali del vicino.
Per quanto riguarda il gas, l’Ucraina sta cominciando ad aumentare i propri stoccaggi preparandosi al prossimo inverno ma, poiché il gas di ritorno in arrivo dalla Slovacchia, dalla Polonia e (forse) dall’Ungheria non potrà certo soddisfare le esigenze di un’intera stagione, Kiev sarà costretta a rinegoziare il contratto con Gazprom in scadenza alla fine del prossimo marzo.
Il settore industriale, poi, vede una notevole presenza di filiali locali delle case madri russe e queste costituiscono anche i principali clienti delle unità produttive presenti sul territorio ucraino. Cosa succederà loro se i rapporti con Mosca dovessero interrompersi? Anche nel caso di aziende non filiali, le compagnie russe sono frequentemente proprietarie o comproprietarie delle manifatture locali.
Quanti anni e quanto denaro dei contribuenti europei saranno necessari per consentire al Governo di Kiev di guadagnare la desiderata indipendenza economica da Mosca e quanto dovremo togliere ai nostri fratelli greci e portoghesi per consentire agli ucraini di ritornare a quello standard di vita, altresì miserabile, di cui la maggior parte di loro godeva prima del colpo di stato?
E’ comprensibile e lusinghiero per noi, quindi, che inconsapevoli cittadini di quel Paese, stanchi della persistente corruzione e imboccati adesso da fanatici politici senza scrupoli guardino all’Europa come ad una speranza di riscatto. Tuttavia c’è da domandarsi se coloro che avevano fomentato i disordini imponendo a Kiev di scegliere tra la Russia e l’Europa, quelli che avevano spinto e organizzato i manifestanti in Majdán Nezaléžnosti e quelli che oggi parlano della Russia solo come di un aggressore abbiano mai fatto questi conti e se hanno il coraggio di dire agli europei quali altri sacrifici dovranno sopportare per soddisfare il desiderio di un’Ucraina “europea”.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.