Ucraina. Un vento crudele si aggira in Europa: cosa sta succedendo dopo l’attentato di Sumy

di Yari Lepre Marrani –

Gli ultimi giorni, le ultime ore hanno mostrato una grande confusione tra le forze geopolitiche in gioco per la guerra russo-ucraina, ma tutto sembra trovare una sua coerenza interiore ed esteriore in un dato di fatto: non si vede all’orizzonte l’ordine russo di cessate-il-fuoco; Volodymyr Zelensky risponde all’imprenditore e diplomatico statunitense Steve Witkoff, inviato speciale degli USA in Medio Oriente: “Non cederemo mai i territori occupati ai russi”. La pace sembra distante quanto i confini della Federazione Russa con le sponde orientali degli Stati Uniti.
Domenica 13 aprile è stata una giornata spiritualmente e biblicamente importante: la Domenica delle Palme, dove abbondano e prosperano nei cuori dei cristiani gli ulivi, simboli di pace universale. L’ulivo è diventato un simbolo di pace nel mondo, ma in epoca classica veniva usato per supplicare gli dei o le persone di potere. La domenica delle palme 2025 verrà ricordata per fatti contrari al suo significato più simbolico: a Sumy in Ucraina, un attacco russo con di due missili balistici Iskander ha ucciso 34 persone in pieno centro città, mentre la gente si stava recando in chiesa, proprio nel capoluogo dell’omonima regione, al confine con la Russia da dove prese il via l’attacco ucraino a Kursk. Tra i morti, due bambini: innocenti appena svezzati, che hanno conosciuto del mondo solo la parte più brutale e orribile per poi spegnersi per sempre. Di fronte ad un atto di tale barbarie, barbarie simbolica perché avvenuta in un giorno simbolo di pace, le speranze nella buona fede dei russi sembrano crollare come un castello di buone intenzioni demolito dal tritolo che vi è stato inserito nelle fondamenta. Il raccapricciante attacco a Sumy appare ictu oculi come uno schiaffo su tutti gli sforzi diplomatici in corso per giungere alla fine del conflitto. Ma gli ipocriti illusi credono ancora nella “volontà messianica” di Trump, quando il presidente statunitense pensa a tutto per garantire un roseo futuro al suo paese, danneggiando quello degli altri. Non ci stupisce la falsità da Giuda di Trump, dimostrata dopo il vile attentato che gela i cuori ancora speranzosi di vedere la fine di un conflitto che sta scioccando il mondo: la religione non c’entra; c’entra la volontà cattiva degli uomini di potere.
Trump ha determinato il blocco al comunicato del G7 preparato dalla presidenza canadese dopo che il presidente Usa ha rifiutato di sostenere il testo di condanna sulla strage dei civili ucraini a Sumy. Lo riporta l’agenzia Bloomberg. Trump non condanna la strage, la tollera in nome della possibilità di “continuare a trattare con Mosca”. Ma l’atto consumatosi a Sumy domenica 13 aprile è un vero atto criminoso, perpetrato dai russi per dimostrare all’Occidente e al mondo quali sono le loro vere intenzioni o meglio, non le intenzioni dei cittadini russi ma dei loro capi: odio, stragi, perpetrazione della guerra ad oltranza accompagnata da buone parole illusorie per “stregare” le menti deboli degli occidentali, europei, cittadini scioccati innanzi a tali violenze. Ma le stregonerie servono solo a blandire i cittadini, non certo a redimere il capo della Casa Bianca e, ancor più, quello del Cremlino. Perché il capo della Casa Bianca non condanna questi atti, li tollera lasciando ai media parole sibilline: secondo Trump a Sumy è “stato commesso un errore”.
I fatti mostrano una chiara tendenza mendace di Putin e dei suoi collaboratori, confermata dalle parole del presidente della Duma Vyacheslav Volodin a seguito delle affermazioni di Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nella Commissione, secondo le quali “La Russia non è un Paese democratico e Putin è un dittatore. Ma io non ho paura delle loro minacce”. Volodin ha risposto che la Kallas dovrebbe essere rimossa e processata da un tribunale delle Nazioni Unite: per quanto si possano criticare istituzioni e personalità politiche dell’UE, le parole di Volodin sono traumatizzanti. Qui siamo di fronte al maiale che dà del porco alla gazzella, al piromane che colpevolizza i pompieri perché, a suo dire, causano un allargamento dell’incendio da lui provocato. Le parole provocatorie di Volodin anticipano quelle più generali e immediatamente realiste del Cremlino: secondo Mosca infatti, “Per la pace non bisogna aspettarsi risultati immediati”.
Una realtà geopolitica difficile, dunque, e non sarebbe tanto errato chiamarla “corrotta” considerate le apparenti intenzioni di Trump e Witkoff, i quali credono o vogliono far credere che il Cremlino “voglia finire la guerra” facendo, contemporaneamente, orecchie da mercanti all’ultimo crimine perpetrato dai russi a Sumy. Un atto d’inaudita violenza che i russi giustificano affermando che ”Le Forze armate della Federazione russa nella città di Sumy, in condizioni di contrasto attivo delle Forze armate ucraine con mezzi di guerra elettronica e di difesa aerea di fabbricazione straniera, hanno attaccato con due missili operativi-tattici Iskander-M la sede di una riunione del personale di comando del gruppo operativo-tattico di Seversk” si legge nel comunicato russo.
In conclusione, le porte che potrebbero aprirsi nei prossimi mesi sono appese ad un filo la cui fragilità rappresenta un pericolo non solo per l’Occidente ma per tutto il mondo. Trump cerca apparentemente la pace ma chiude occhi e cuore davanti ad un attentato che non può lasciare dubbi sulle intenzioni prossime del Cremlino sull’accanimento verso il popolo ucraino e qui occorre sottolineare la differenza tra “popolo ucraino” e “governo ucraino”: se la Russia colpisce civili inermi, finanche bambini ucraini in nome di un conflitto portato avanti per odio nei confronti di chi governa l’Ucraina, le colpe morali e militari aumentano. Trump non condanna l’attentato perché vuole portare avanti le trattative con Mosca, di cui non si vede la vera sostanza considerati i risultati: Trump finisce per essere complice dei russi e della loro sinistra violenza. L’UE non è in grado di intervenire con proprie forze e questa colpa getta una cupa luce sulle recenti decisioni, frettolose e ambigue, sul grande riarmo europeo: ma l’Ucraina è uno Stato europeo e, come tale, anche istituzioni discutibili come quelle che compongono l’odierna Ue non possono lasciare indietro un proprio fratello.
Se nei prossimi mesi il caleidoscopico quadro peggiorerà con la bilancia pendente verso un incrudimento e allargamento della guerra russo-ucraina, ci sono altissime probabilità che la Terza Guerra Mondiale scoppi a partire dal cuore d’Europa. Se invece Trump riuscirà a portare al cessate il fuoco con tutta la sua spregiudicatezza imprenditoriale e un occhio per i minerali delle terre rare, forse saremo di fronte alla genesi di un nuovo, drammatico scenario mondiale: un bipolarismo di potere tra USA e Federazione Russia o un tripolarismo tra USA, Russia e Cina. L’UE, in questo caso, sarà tagliata fuori e ridotta ad una “vita da castori” direbbe Giuseppe Mazzini, una vita più che mai contrassegnata dal servilismo verso le superpotenze. Chiunque in Europa non potrà accettare quest’ultimo scenario ove il Vecchio Continente sarà ridotto ad un fazzoletto prono ai voleri del vento che muoverà da est a ovest e da ovest verso est. Ma i cittadini europei non vogliono nemmeno rischiare il sangue in un nuovo, drammatico conflitto militare mondiale.