Unodc, ‘mai così alta la produzione di droga’

di C. Alessandro Mauceri –

Si è celebrata ieri la Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga. Una ricorrenza mai così triste come quest’anno: l’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (United Nations Office on Drugs and Crime – Unodc) creato nel 1997 dalla fusione del Programma di controllo sulla droga delle Nazioni Unite e dal Centro per la prevenzione del crimine internazionale, ha presentato un rapporto nel quale afferma che la produzione mondiale di cocaina, proveniente in larga parte dalla Colombia, e di oppio, questo dall’Afghanistan dove è in corso la “missione di pace”, è ai massimi livelli. Solo dal 2016 al 2017 la produzione mondiale di oppio è aumentata al 65 per cento raggiungendo 10.500 tonnellate, la quantità “più elevata” mai registrata da quando è stato istituito l’Unodc. Anche la produzione mondiale di cocaina “ha raggiunto il suo livello più elevato”: 1.410 tonnellate, con una crescita del 25 per cento rispetto all’anno precedente.
Si tratta di dati preoccupanti non solo in termini assoluti, soprattutto perché dimostrano il fallimento delle missioni di pace e degli sforzi internazionali nel tentativo di far fronte alla produzione e al commercio di droghe. Nel 2016, il Presidente colombiano Juan Manuel Santos e il generale della guerriglia FARC Timochenko avevano firmato un accordo di “pace” che molti definirono storico e che avrebbe dovuto consentire al governo di riacquisire il controllo su ampie parti del territorio fino ad allora ingestibili. Un evento che valse al presidente addirittura il Nobel per la Pace. I dati appena diffusi dimostrano che da allora la situazione non è migliorata, anzi: le aree del paese che continuano ad essere governate non dal governo centrale ma da diversi gruppi armati che si autofinanziano grazie alla produzione e al commercio della droga sono sempre più vaste. Nell’ultimo periodo la superfice di territorio destinata alla produzione è cresciuta del 52%, passando da 96mila a 146mila ettari di coltivazioni dedicati alla produzione di coca. C’è chi accusa di ciò la scarsa produttività dell’agricoltura alternativa e chi, invece, punta il dito sui costi di trasporto elevati e tali da rendere insufficienti i sussidi del governo. Quale che sia la verità resta il fatto che la produzione di droga nel paese sta crescendo in modo esponenziale (anche grazie ad una domanda dei mercati internazionali che non mostra flessioni).
Situazione analoga in Afghanistan. Nel 2017 la coltivazione del papavero da oppio ha raggiunto livelli record coprendo, secondo le stime, 328mila ettari, il 63% in più rispetto ai 201mila ettari del 2016. Una aumento dell’area che “può aver condotto lo scorso anno ad un livello di produzione di eroina senza precedenti” dicono gli esperti dell’Unodc dato che “si possono produrre fra 550 e 900 tonnellate di eroina di qualità adatta all’esportazione”. Come in Colombia con la coca, la produzione dell’oppio in Afghanistan, concentrata principalmente nelle regioni a sud e ovest del paese (come Helmand, Farah e Kandahar), serve ai gruppi armati locali per autofinanziarsi in modo quasi illimitato. Basti pensare che la produzione locale basta per rifornire di oppio, morfina ed eroina gran parte del mercato mondiale (inclusi i mercati di Europa e Nord America).
Un fallimento delle politiche internazionali finor adottate confermato dal fatto che i territori in cui sono più floride queste coltivazioni sono proprio quelli in cui si registra una maggiore instabilità politica, con gravi conseguenze per la sicurezza di tutto il paese. Nei giorni scorsi il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha sottolineato i pericoli legati al crescente uso di droghe, affermando che le sfide legate alla droga sono “tra i problemi più complessi che affrontiamo” che necessita di una cooperazione internazionale e di un’efficace applicazione della legge. Secondo Guterres le droghe devono essere affrontate con “un approccio olistico su molti fronti”.
“Esorto i paesi a promuovere servizi di prevenzione, trattamento, riabilitazione e reinserimento, garantire l’accesso a farmaci controllati e prevenire diversioni e abusi, promuovere alternative alla coltivazione di droghe illecite e fermare la tratta e il crimine organizzato”, ha affermato il segretario generale, aggiungendo che questi passaggi “darebbero un immenso contributo al nostro lavoro per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. Belle parole ma che si scontrano con la decisione di un numero sempre maggiore di Paesi (l’ultimo il Canada solo pochi giorni fa) di liberalizzare l’uso di droghe leggere anche per uso ricreativo.
Con conseguenze non indifferenti. Con l’aumento della domanda, non solo la produzione non potrà che crescere, ma le conseguenze per la salute si fanno sempre più pesanti: secondo il report dell’Unodc su Disease burden and mortality estimates, Global Health Estimates 2015: deaths by cause, age, sex, by country and by region, 2000–2015. Il numero di morti causati dall’uso di droghe è aumentato del 60% dal 2000 al 2015. Così come il numero di persone che usa droghe che è cresciuto ai massimi storici raggiungendo, nel 2016, i 275 milioni di persone. Anche la percentuale di persone (tra 15 e 65 anni) facenti uso di sostanze stupefacenti è cresciuto fino a raggiungere il 5,6 % (era il 4,6 nel 2008). Ma la cosa più grave è che sta aumentando il numero di giovani che ricorre a queste sostanze