Uruguay. La «marea rosa» riparte da qui

di Francesco Giappichini

Negli scorsi decenni la República oriental del Uruguay ha rappresentato un tassello importante di quell’asse progressista latinoamericano, che fu definito la «marea rosa». Si pensi solo alla figura dell’ex presidente ed ex guerrigliero José “Pepe” Mujica, e al fascino che seppe esercitare anche all’estero. Oggi, col «fenómeno Milei» in Argentina e l’«efecto Bukele» sull’intero subcontinente, gli analisti non usano più termini tanto suggestivi; eppure in vista delle presidenziali in Uruguay del 27 ottobre prossimo si pronostica una vittoria netta della sinistra del Frente amplio (Fa). L’attuale capo dello Stato (non rieleggibile) Luis Lacalle Pou, del Partido nacional (Pn) di centrodestra, dovrebbe cioè lasciare la carica agli avversari del Fronte ampio, dopo solo un quinquennio a guida moderata.
Secondo l’ultimo sondaggio del 28 luglio, il ticket formato da Yamandú Orsi e Carolina Cosse (per la vicepresidenza) raggiungerà il 45% di tutte le intenzioni di voto (compresi i voti nulli e in bianco, e gli indecisi). Mentre il secretario de la Presidencia Álvaro Delgado Ceretta del Pn segue a grande distanza, con un modesto 27 per cento. E non è tutto: le formazioni che compongono l’alleanza informale di centro-destra Coalición multicolor (Cm), e che si unirebbero in caso di secondo turno, sfiorano appena il 40 per cento. Insomma non solo si profila una vittoria al primo turno, che escluderebbe il ballottaggio del 24 novembre; ma emerge anche un deciso rafforzamento del Fa, rispetto al già positivo risultato delle Elecciones internas (30 giugno).
In questa sorta di primarie per definire gli sfidanti per la presidenza, le sinistre hanno ottenuto il 42,2%, a fronte del 33,4 del Pn. E tuttavia nel campo progressista persistevano ancora timori, poiché le componenti della Cm superavano comunque il blocco di sinistra, e raggiungevano il 46,1 per cento. Gli analisti, in queste settimane, stanno cercando non solo di definire i profili politici di Orsi e Cosse, ma anche di motivare la crescita del Fa e la corrispondente debolezza delle destre. Sulla figura di Orsi, sino a marzo intendente del Departamento di Canelones (in pratica un governatore), l’opinione è unanime: la sua attrattiva discende dall’essere l’erede politico di Mujica, che nelle turbolenze della campagna elettorale lo ha sostenuto in prima persona.
E del resto appartiene al Movimiento de participación popular (Mpp), la formazione guidata dall’ex presidente. Invece Cosse, sua sfidante alle primarie, vanta un passato come intendenta (governatrice) di Montevideo, ed è sostenuta dai settori più radicali (socialisti, trotskisti, sinistra rivoluzionaria). Schematicamente si tende invece a imputare la rimonta progressista a cinque strategie di successo, messe in atto dall’attuale dirigenza: la capacità di attrarre il voto giovanile, il lavoro di base in aree del Paese un tempo dimenticate, un’inedita coesione interna, la fermezza nei dibattiti cruciali, come quello sulla giustizia sociale. E infine l’attivismo per la riforma costituzionale ha fornito al Frente un’immagine propositiva e non solo di protesta. Al contrario sul fronte conservatore, e nonostante il buon indice di gradimento personale per Lacalle Pou, è emersa una convivenza turbolenta tra lo stesso presidente e i partiti cosiddetti «anti frenteamplistas». Un’alleanza apparsa disomogenea, anche per la presenza dei populisti di estrema destra: tutti raggruppati nella formazione Cabildo abierto (Ca), ispirata a bolsonarismo e «mileísmo».