
di Giuseppe Gagliano –
Quando Chris Wright, segretario all’Energia dell’amministrazione Trump, è sbarcato ad Abu Dhabi il 9 aprile, non ha semplicemente inaugurato un tour diplomatico: ha messo nero su bianco che, nell’era dell’instabilità globale, gli Emirati Arabi Uniti sono diventati il cuore pulsante di una nuova architettura energetica internazionale. Il progetto da 1,4 trilioni di dollari annunciato a marzo tra Washington e Abu Dhabi non è solo un investimento: è una piattaforma geopolitica su cui si gioca il futuro del gas, dell’idrogeno e persino dell’intelligenza artificiale.
La visita di Wright ha avuto il suo epicentro negli incontri con Suhail al-Mazrouei, ministro dell’Energia, e Sultan al-Jaber, figura onnipresente nell’universo economico emiratino, alla guida di ADNOC, Masdar e ora stratega dell’IA applicata all’energia. I colloqui non si sono limitati alla cooperazione tradizionale: al centro c’è una visione sistemica in cui tecnologia, energia e regolamentazione si fondono per definire un nuovo ordine energetico globale. Gli Emirati, già saldamente ancorati alla produzione fossile, vogliono porsi come pionieri anche nei settori ad alta tecnologia, mentre gli Stati Uniti cercano un alleato stabile e liquido, in grado di investire in un contesto segnato da concorrenza multipolare e incertezza normativa.
L’incontro con la filiera energetica emiratina è stato tutt’altro che formale. Da ADQ a Mubadala, da Masdar a Presight, passando per XRG e la centrale nucleare di Barakah, Wright ha messo piede in un sistema industriale e finanziario perfettamente oliato, in cui ogni asset risponde a una strategia di potenza. Mohamed Al-Jaber ha mostrato come l’IA sia già integrata nei processi di estrazione, distribuzione e governance: l’efficienza digitale non è un obiettivo, è un dato di fatto. E la volontà emiratina è chiara: diventare il crocevia globale in cui dati, energia e capitali si incrociano, facendo degli Emirati un laboratorio avanzato del capitalismo digitale dell’energia.
La partita del gas naturale liquefatto è stata una delle più delicate. ADNOC vuole penetrare nei terminali americani del Golfo del Messico, non per necessità ma per strategia: l’accesso diretto al GNL USA significa proiettarsi come fornitore alternativo all’Iran e alla Russia nei mercati asiatici ed europei. Ma a fronte delle ambizioni emiratine, Wright ha offerto soprattutto deregulation: promesse di tagli alla burocrazia e incentivi fiscali, in cambio di allineamento strategico. Gli Stati Uniti chiedono agli Emirati di tenere a freno i rapporti con Teheran e Caracas, accettando una forma di subalternità geopolitica che, dietro la facciata della partnership, cela un sottile equilibrio di potere.
Tra i temi più sensibili emersi nei colloqui c’è stata la richiesta emiratina di una cornice normativa condivisa sull’IA. Abu Dhabi chiede certezze per i suoi investimenti tecnologici negli Stati Uniti, ma anche regole condivise che non intralcino l’innovazione. In un mondo in cui l’energia del futuro sarà sempre più elettrica, sempre più digitale e sempre più interconnessa, l’IA è il nuovo campo di battaglia. Al-Jaber lo ha chiarito: chi controlla l’IA energetica, controllerà il flusso dell’elettricità, dei dati e quindi della ricchezza. Ma su questo punto, l’amministrazione Trump resta cauta: pronta a deregolamentare in casa, ma restia a condividere sovranità in campo normativo.
Il patto tra Stati Uniti ed Emirati è dunque molto più di un memorandum d’intesa: è la scommessa di due potenze – una militare, l’altra finanziaria – su un mondo che cambia. Ma non sarà un cammino semplice. La pressione sui mercati, il crollo dei prezzi e la corsa tra Washington, Pechino e Mosca per il controllo delle tecnologie emergenti rendono ogni investimento una scelta politica. E la sfida vera sarà tenere insieme interessi divergenti, ambizioni strategiche e instabilità regionali.
Quando Wright ha lasciato Abu Dhabi, è apparso chiaro che il deserto osserva ancora, ma non è più passivo. Gli Emirati non sono più solo un’oasi di petrolio: sono un hub globale che vuole plasmare il futuro dell’energia. E stavolta, con l’algoritmo al posto della trivella.