Usa. «Bimbi in gabbia», la nuova stagione

di Francesco Giappichini

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald John Trump, in campagna elettorale non solo ha di promesso di accelerare i rimpatri degli immigrati irregolari; ma ha anche annunciato, qual pietra angolare del suo programma, il maggior piano di deportazioni di massa nella storia della nazione nordamericana. La proposta ha creato incertezza in ampi settori della popolazione immigrata, specie quella di origine ispanica ma non solo, per via del limbo giuridico in cui spesso si trovano queste persone o i loro familiari. Se durante i comizi elettorali questo punto programmatico si materializzava in slogan propagandistici, dopo la vittoria di Trump, e in vista dell’insediamento del 20 gennaio, sono emersi dettagli più concreti.
Prima però un passo indietro, per avere un quadro completo dell’immigrazione irregolare negli States. Le ultime stime – risalenti al 2022 ed elaborate dal governo e dall’istituto Pew research center – stimano che gli «inmigrantes no autorizados» sul suolo statunitense siano circa 11 milioni, di cui quattro sarebbero messicani. Va però rimarcato il forte calo dell’immigrazione illegale dal Messico rispetto a 15 anni prima, quando i migranti irregolari chicano raggiungevano i sei milioni e 900mila unità. Al secondo posto appare El Salvador con 750mila, che precede l’India con 725 mila. Seguono gli irregolari provenienti da Guatemala e Honduras, rispettivamente in numero di 675 mila e 525 mila.
Risulta tuttavia che quattro milioni e 600mila irregolari farebbero parte di famiglie miste, con coniugi o figli cittadini statunitensi: la fonte è John Sandweg, direttore dell’agenzia federale Ice (United States immigration and customs enforcement), durante l’era Obama. Torniamo ai dettagli emersi dopo la vittoria trumpiana. Risulterebbe la volontà d’inaugurare il piano migratorio dapprima col blocco dei flussi, e quindi con l’espulsione degli irregolari accusati di reati. Tutto ciò in vista, naturalmente, di capovolgere le politiche di frontiera dell’attuale Amministrazione, anche sul fronte dei respingimenti. Non esistono invero stime affidabili sul numero degli irregolari con precedenti penali.
Tuttavia secondo dati del Texas Department of Public safety, organismo non sospettabile di simpatie democratiche, il tasso degli immigrati irregolari arrestati per reati violenti o di droga è inferiore alla metà di quello che fa riferimento alla popolazione generale. Insomma, fanno notare i critici del trumpismo, nella Nazione a stelle e strisce non vi sarebbe un’emergenza di ordine pubblico, legata ai flussi migratori. A questo proposito, sul fronte repubblicano, si cita comunque il futuro direttore dell’Ice, Tom Homan: a suo giudizio, l’agenzia avrebbe senz’altro il potere di espellere i 425 mila irregolari autori di crimini, presenti sul territorio nazionale. Il funzionario, che il futuro presidente ha ribattezzato «Border czar», “Zar della frontiera”, ha già diretto l’Ice durante il primo Gabinetto Trump.
Va da sé, non ha lasciato un buon ricordo presso l’opinione pubblica liberal, e la stampa progressista lo bolla come «l’uomo dei bimbi in gabbia»: è stato fra i più strenui sostenitori della «Trump administration family separation policy» (Politica di separazione familiare dell’amministrazione Trump), nota in Italia come il piano di Separazione dei bambini dai loro genitori. In ogni caso alcuni esperti, tra cui i ricercatori del centro studi Migration policy institute (Mpi), fanno notare che il milione e mezzo di espulsioni del Trump I furono inferiori non soltanto ai due milioni e 900mila rimpatri dell’Obama I, ma anche al milione e 900mila dell’Obama II. Il futuro «Zar delle frontiere» non ci sta comunque a passare per troppo “buono”.
Non solo ha chiarito che nel Trump II vi saranno più espulsioni rispetto al primo mandato, ma è stato duro altresì verso i nuclei familiari multiculturali: «Le famiglie potrebbero essere deportate insieme». Un altro elemento emerso in questi giorni riguarda la volontà di estendere il piano di deportazioni di massa a quegli stranieri, che pur entrati regolarmente (o regolarizzatisi in seguito), hanno poi commesso un reato. Ha quindi aggiunto che sarebbe in libertà un milione e mezzo di stranieri condannati e colpiti da provvedimenti di espulsione, e che sarebbero proprio questi i primi rimpatriati della nuova Amministrazione Trump. Da un lato quindi si vuole trasmettere un messaggio più moderato, secondo cui la priorità della politica di deportazioni saranno la pubblica sicurezza, e quindi gli stranieri già perseguiti penalmente.
Epperò poi, per bocca dello stesso Homan, si lascia ben chiaro che chi è entrato illegalmente nel Paese non dovrà sentirsi a proprio agio perché ha commesso un crimine. Secondo invece gli esperti del citato think tank Mpi, il piano di deportazione di massa dovrebbe esordire con l’espulsione di chi è stato regolarizzato attraverso il Parole, che è noto tra i latinos come Permiso de permanencia temporal. Si tratta di permessi di soggiorno temporanei e provvisori, che beneficiano i cittadini di Cuba, Venezuela, Haiti e Nicaragua: quegli immigrati che hanno fruito dell’applicazione Cbp (United States customs and border protection) one, al fine di fissare l’appuntamento per attraversare il confine.
Un altro dettaglio non irrilevante venuto di recente a galla, riguarda l’impiego delle Forze armate nelle espulsioni collettive. Il capo dello stato entrante ha, infatti, etichettato come «Vero» un messaggio piuttosto esplicito, pubblicato sulla rete sociale Truth social dall’attivista repubblicano Tom Fitton. «Buone notizie: ci sono rapporti secondo cui la nuova amministrazione @RealDonaldTrump è pronta a dichiarare un’emergenza nazionale e utilizzerà risorse militari per invertire l’invasione di Biden attraverso un programma di deportazione di massa», recita il post. In particolare alcuni analisti fanno notare che la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale faciliterebbe il processo amministrativo necessario a sbloccare i fondi del Pentagono, e consentirebbe di allestire nuove aree di detenzione. Sono poi affiorate indiscrezioni sui «Dreamers», i “Sognatori”: gli immigrati giunti illegalmente durante la minore età, che grazie al programma denominato Deferred action for childhood arrivals (Daca), possono vivere e lavorare negli Stati Uniti. Ebbene, risulta che la squadra di Trump starebbe valutando se, come e quando espellerli. E secondo le dichiarazioni del citato Homan – lo «Zar de la frontera», secondo alcuni il futuro titolo ufficiale – potrebbero essere rimpatriati anche i 400mila immigrati in possesso del Temporary protected status (Tps): questo permesso di soggiorno per protezione temporanea beneficia gli stranieri che, per un evento straordinario, non possono tornare in patria in sicurezza. Infine, secondo voci provenienti dall’entourage di Trump, i cinesi irregolari in età militare saranno tra i primi a essere rimpatriati: rappresenterebbero, infatti, un potenziale rischio per la sicurezza nazionale.