Usa. Chiquita condannata: il peso della storia sulle spalle di un colosso

di Giuseppe Gagliano

Un tribunale della Florida ha emesso una sentenza storica nei confronti di Chiquita Brands International, condannando il gigante delle banane a risarcire con 38,3 milioni di dollari le famiglie di otto cittadini colombiani assassinati dalle Forze di autodifesa unite della Colombia (Auc), un gruppo paramilitare di destra tristemente noto per le sue violazioni dei diritti umani. Questo verdetto rappresenta il culmine di una battaglia legale durata 17 anni, durante i quali è stato dimostrato che tra il 1997 e il 2004 Chiquita ha finanziato l’Auc, riconosciuta come organizzazione terroristica dal 2001.
Chiquita, una delle più grandi multinazionali del settore alimentare, non è nuova a scandali di questo tipo. Già nel 2007 l’azienda aveva patteggiato con le autorità statunitensi, accettando di pagare una multa di 25 milioni di dollari per aver trasferito oltre 1,7 milioni di dollari all’Auc in un arco di sette anni. Tuttavia, in quel caso, non erano stati previsti risarcimenti diretti alle vittime, alimentando critiche sull’effettiva giustizia per i danni inflitti alle comunità colombiane.
Stavolta, invece il tribunale della Florida ha riconosciuto la responsabilità di Chiquita nell’aver alimentato con i propri fondi un gruppo paramilitare noto per la sua brutale violenza e per il traffico di droga. L’Auc, nato negli anni Ottanta con la pretesa di difendere i proprietari terrieri dai ribelli di sinistra, si è rapidamente trasformato in una delle peggiori macchine di repressione e soprusi nella storia della Colombia.
L’Auc non è semplicemente un nome nei libri di storia della violenza colombiana. È un simbolo di impunità e connivenza tra attori legali e illegali. Le sue origini risalgono alla necessità, da parte di grandi latifondisti e imprenditori, di fronteggiare l’avanzata delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Tuttavia, il gruppo paramilitare ha presto adottato metodi estremi per affermare il proprio controllo territoriale: massacri, sequestri e il sistematico sterminio di leader sociali e sindacali.
Secondo le accuse confermate in tribunale, Chiquita avrebbe considerato questi pagamenti una sorta di “tassa per la protezione” necessaria a garantire la sicurezza delle sue operazioni in una delle regioni più turbolente della Colombia. Ma per le famiglie delle vittime, questi trasferimenti rappresentano una macchia indelebile sulla reputazione della multinazionale: non una misura di sicurezza, ma una complicità consapevole nei crimini.
La sentenza del tribunale della Florida arriva dopo anni di battaglie legali, costellate da ostacoli e rinvii. Le famiglie delle vittime hanno finalmente ottenuto un riconoscimento tangibile del dolore subito, ma il caso solleva interrogativi più ampi sulla responsabilità delle multinazionali nelle aree di conflitto.
Il contesto colombiano, dominato da decenni di violenze e traffico di droga, ha visto spesso aziende locali e internazionali stringere accordi con attori armati per garantire la continuità delle loro attività. Questo modello di comportamento, purtroppo, non è isolato: in passato anche altre aziende, operanti in settori come il petrolio e l’estrazione mineraria, sono state accusate di connivenza con gruppi armati.
Per Chiquita, la condanna rappresenta un colpo duro non solo dal punto di vista finanziario, ma anche reputazionale. Essere associati a un’organizzazione come l’Auc, che ha seminato terrore e distruzione, mina profondamente la fiducia dei consumatori globali.
La vicenda di Chiquita apre una riflessione importante sul ruolo delle multinazionali nei contesti fragili: quanto è lecito sacrificare principi etici in nome del profitto? E quale deve essere il ruolo delle istituzioni internazionali nel prevenire simili connivenze?
La sentenza segna una svolta importante nella lotta per la giustizia in Colombia, un Paese dove spesso il denaro e il potere prevalgono sulla memoria e sulla verità. Per le famiglie delle vittime, quei 38,3 milioni di dollari non restituiranno i propri cari, ma rappresentano un segnale di speranza che anche i più potenti possono essere chiamati a rispondere delle loro azioni.
Chiquita dal canto suo si trova ora a dover affrontare una crisi che va oltre le aule di tribunale. La storia ci insegna che il peso delle scelte sbagliate, soprattutto quando coinvolgono vite umane, non si cancella facilmente.