Usa e Cina: la questione dei dazi, una scommessa non solo politica

di Federico Pani * –

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha incaricato la sua amministrazione di esaminare la revoca di alcuni dazi sulle importazioni dalla Cina nel tentativo di frenare l’inflazione record. Washington prevede di mantenere alcune tariffe su acciaio e alluminio per proteggere l’industria siderurgica nazionale. I dazi, imposti alle merci cinesi al culmine della guerra commerciale USA-Cina durante la presidenza di Donald Trump, sono stati introdotti nel tentativo di ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti con Pechino.
Inizialmente miravano all’acciaio e all’alluminio dopo che Washington aveva accusato la Cina di aver scaricato questi prodotti sui mercati globali a tassi bassi. Successivamente sono stati ampliati per indirizzare beni di consumo come abbigliamento e articoli sportivi. Ciò ha comportato un aumento dei prezzi di questi beni negli Stati Uniti. Nel 2021 Biden ha cancellato alcune tariffe ma ne ha lasciate la maggior parte in vigore. L’idea avanzata dai gruppi industriali che i tagli alle tariffe potrebbero ridurre i costi per le imprese e i consumatori ha attirato l’attenzione dell’amministrazione statunitense.
A ciò si aggiunge il fatto che, durante la campagna elettorale, l’allora candidato Biden promise di rimuovere le tariffe cinesi imposte da Trump.
La maggior parte degli economisti ritiene che le tariffe siano essenzialmente sostenute dai consumatori e dalle imprese americane. La Tax Foundation stima che i dazi abbiano imposto quasi 80 miliardi di dollari di nuove tasse agli americani dal 2019 in avanti, tagliando la crescita del PIL dello 0,22% e “uccidendo” 173.000 posti di lavoro a tempo pieno. Nonostante i costosi sussidi per compensare le loro perdite, anche gli agricoltori statunitensi hanno subito un duro colpo.
Ma è una scommessa politica per Biden. Allentare le tariffe prima delle elezioni di medio termine del prossimo novembre fornirebbe un assist ai Repubblicani, che accuserebbero il presidente di utilizzare una posizione troppo morbida con la Cina. In aggiunta, anche i sindacati preferirebbero il mantenimento dei dazi in vigore.
Tuttavia, sbarazzarsi delle tariffe cinesi potrebbe aiutare Biden ad abbassare il tasso d’inflazione. La domanda è fino a che punto è disposto a spingersi il presidente degli Stati Uniti?
Un recente studio del Peterson Institute for International Economics mostra che la rimozione delle tariffe cinesi potrebbe alleviare l’inflazione di un punto percentuale. Ma ci vorrà del tempo prima che l’effetto si attivi. Biden sembra essere intenzionato a tagliare i dazi sulle merci cinesi per un valore di circa 10 miliardi di dollari, ovvero appena il 3% del totale. Una tale mossa avrà però scarso rilievo sul tasso d’inflazione e assumerebbe un valore puramente simbolico che, però, rischia di tramutarsi in un’arma a doppio taglio se sfruttata dai Repubblicani.
Nelle settimane scorse alti funzionari statunitensi e cinesi hanno discusso dei dazi applicati dall’amministrazione Trump a Pechino. Il vicepremier Liu He, braccio destro del presidente Xi Jinping, ha parlato con il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen nel corso di una videochiamata. Al centro dei colloqui, le sanzioni economiche e i dazi. L’abolizione delle tariffe e delle sanzioni e il trattamento equo delle imprese cinesi sono aree di interesse per la Cina, ha sottolineato Liu He.
L’inflazione rappresenta un problema tanto per Pechino, quanto per Washington e fluidificare gli scambi commerciali, dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso, gioverebbe ad entrambe le economie. La Cina avrebbe di che guadagnarci dopo che la strategia zero-Covid e il lockdown diporti e città hanno quasi paralizzato l’economia. Da qui nasce la necessità di una progressiva revisione della politica dei dazi.
Al momento, però, non vi sono segnali che indichino un mutamento di rotta di Pechino qualora venisse davvero attuato un allenamento sui dazi da parte dell’amministrazione americana. Prima di una mossa, Xi Jinping attenderà che in autunno il Congresso del Partito Comunista gli conceda l’agognato terzo mandato e prima di quell’evento è difficile prevedere grandi mutamenti. Il leader cinese potrebbe essere davvero interessato solo se a colossi come Huawei venisse di nuovo consentito il pieno accesso al mercato Usa. Opzione questa improbabile in quanto Biden subirebbedei contraccolpi interni. Senza scordare che il nodo cruciale rimane pur sempre Taiwan e la visita della Speaker della Camera Nancy Pelosi non ha fatto altro che arroventare i rapporti tra le due superpotenze.

* Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.