Usa. Energia: ennesimo stop dei giudici a una decisione di Trump

di C. Alessandro Mauceri

Ennesimo blocco di una decisione voluta dal presidente Donald Trump da parte della magistratura. L’ente federale di regolamentazione dell’energia, Ferc, ha infatti bocciato la proposta del ministro Usa dell’Energia, Rick Perry, che prevedeva un piano di sussidi alle centrali elettriche,
come quelle a carbone o nucleari, a patto che mantenessero scorte di carburante sul sito per almeno 90 giorni.
L’autorità ha ritenuto che la manovra non aveva nulla a che vedere con l’inverno freddo e che si trattava di una semplice misura per finanziare vecchi impianti e stabilizzare la fornitura di energia elettrica. Strutture come quelle a carbone, da anni in crisi e spesso obsolete o non competitive con li impianti più moderni. Proprio a loro il tycoon aveva fatto molte promesse durante la propria candidatura alla Casa Bianca. Promesse che ora avrebbe voluto mantenere.
Per questo Perry aveva cercato di convincere i membri della Ferc che quello proposto dal governo era un piano per aiutare i cittadini in vista dell’invero rigido e rendere la fornitura di energia elettrica più stabile e sicura in caso di eventi estremi. Una tesi però bocciata dalla Ferc che ha affermato che “i cambiamenti nel mix di generazione, che prevedono anche la chiusura di impianti a carbone e nucleari, non hanno ridotto l’affidabilità della rete o minacciato in modo significativo la resilienza della rete elettrica”.
Fino all’ultimo la Ferc ha cercato di aiutare l’amministrazione Trump ponendo al ministro una serie di domande sul rapporto esistente tra mantenimento in funzione dei siti di produzione e condizioni climatiche. Domande alle quali il Dipartimento Usa per l’energia (in mano a Trump) non ha risposto. La Commissione aveva anche invitato i produttori di energia elettrica a far pervenire entro 60 giorni dei report su eventuali preoccupazioni legate alla resilienza della rete elettrica. Ma anche in questo caso non avrebbe ricevuto risposte accettabili. Alla fine quindi non ha potuto far altro che procedere.
Duro il commento di Hal Quinn, presidente della National Mining Association, secondo cui la decisione della Ferc rappresenta una “deludente mancanza di azione”. “L’elettricità statunitense proveniva da molti impianti a carbone, che a questo punto non saranno più disponibili se si prosegue con lo stesso ritmo di chiusura delle centrali registrato negli ultimi anni e questo rappresenta una minaccia per la stabilità e la sicurezza della rete elettrica”.
Diverso il giudizio dei degli ambientalisti. E non solo: “È una vittoria per i consumatori, per il libero mercato e per l’aria pulita”, ha twittato l’ex sindaco di NewYork, Michael Bloomberg, inviato dell’Onu per il cambiamento climatico. inoltre un’analisi del Climate Policy Initiative e di Energy Innovation ha stimato che il costo per i contribuenti del piano di Perry ammontava a circa 10,6 miliardi di dollari l’anno.
Ma non basta. Contrariamente a quanto è avvenuto in altri casi, in questa occasione la Casa Bianca non potrà nascondersi dietro lo scudo dell’attacco personale: la Commissione infatti è composta da cinque commissari bipartisan di cui almeno tre nominati dal presidente degli Stati Uniti (gli ultimi due a novembre scorso) e successivamente confermati dal Senato.
Ad uscire sconfitte dopo la decisione della Ferc non sono solo le vecchie centrali a carbone, ormai in perdita da anni, ma soprattutto l’amministrazione Trump che vede sempre più spesso bocciate le proprie scelte. Impegni sui quali il tycoon aveva basato la propria campagna elettorale.