Usa. I procuratori sfidano Trump, ‘incostituzionale il divieto per i transessuali di arruolarsi’

di Vanessa Tomassini –

Lo scorso 25 agosto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il divieto per le persone transgender di arruolarsi nelle forze armate, andando contro l’ordinanza emessa nel 2016 dal suo predecessore, Barack Obama. La nuova legge, che mette in discussione il sistema di pari opportunità statunitense, ha trovato fin da subito l’opposizione di molti ufficiali dell’esercito e, soprattutto delle associazioni lgbt americane, preoccupate del passo indietro per i diritti civili che promuove la disuguaglianza nelle forze armate. Oggi Trump incontra anche un altro scoglio: i procuratori generali di New York, Massachusetts, California, Connecticut, Delaware, Hawaii, Illinois, Iowa, Maryland, New Mexico, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Vermont e Washington, più il distretto della Colombia, hanno depositato un documento in un tribunale di Washington con cui si oppongono alla decisione di The Donald. La legge infatti è stata definita “incostituzionale, contro l’interesse della sicurezza nazionale e dannosa per la comunità transessuale in generale”, in quanto rischia di incitare le discriminazioni, come sostiene Eric T. Schneiderman, procuratore dello Stato di New York, il quale in una nota ha dichiarato che “i soldati transessuali lottano per noi ogni singolo giorno. Si meritano un governo che lotta per loro”. Secondo una stima degli stessi procuratori, le persone identificate come transessuali tra i reduci di guerra, i soldati e i membri della Guardia Nazionale sono oltre 150 mila.
Subito dopo l’emissione del divieto, il capitano dell’esercito Jennifer Sims aveva dichiarato che le osservazioni di Trump erano contraddittorie. La signora Sims, che durante quel periodo si trovava in Germania per prepararsi alla sua chirurgia di transizione, aveva detto che “quelli in uniformi provengono da tutte le sfere della vita e sono uniti da valori condivisi e da un senso comune di dovere”, accusando il provvedimento di “creare una situazione di disuguaglianza completa nel modo in cui vengono trattate le truppe transgender”.
A sostenere Trump ci aveva provato Elaine Donnelly, presidente del Centro per la prontezza militare, affermando che “le forze armate non sono solo un datore di lavoro di pari opportunità” ed aggiungendo che i fondi limitati dei corpi militari non dovrebbero essere utilizzati per “indulgere alle richieste dei transgender”. Ma in molti evidentemente pensano l’esatto contrario, equiparando le forza armate a qualsiasi altra agenzia federale.
Secondo la Rand Corporation ad indurre la Casa Bianca a prendere questa decisione sarebbero stati in realtà i costi militari, che avevano previsto in aumento da 2,4 milioni di dollari ad 8,4 milioni per coprire i costi del percorso di transizione di genere, ma in realtà a distanza di un anno la variazione è stata di un solo 0,13%. Allora Trump, non sapendo più a quale scusa attaccarsi, ha dichiarato che le operazioni chirurgiche e i trattamenti medici, a cui le persone transessuali si sottopongono durante la transizione, possono mettere a repentaglio le operazioni militari, dimenticando che secondo la politica adottata nella precedente amministrazione Obama, sono i comandanti a decidere quando autorizzare i subordinati a sottoporsi ai trattamenti per passare ad un altro genere, in modo che questi non interferiscano con le missioni. Inoltre sono sempre i comandanti a poter decidere se una persona è ancora in grado di essere schierata dopo l’intervento chirurgico.
Il capitano dell’esercito Jennifer Peace, una donna transessuale di Joint Base Lewis-McChord nello stato di Washington, ha dichiarato di aver combattuto in Afghanistan nel corso del 2012 proprio durante la sua transizione e che tutt’oggi ci sono altre soldatesse transgender in servizio. “Essere transessuale non aveva assolutamente alcun impatto sulla mia condizione di dovere”, ha detto la signora Peace intervistata da alcuni media britannici, aggiungendo che “non dovrebbe esistere uno standard transgender, ma solamente uno standard dell’esercito. Se sono idonea secondo lo standard dell’esercito, posso servire il mio Paese. Tutto il resto è semplice discriminazione”. Tra i veterani ed alcune nostre fonti impiegate nell’Fbi, sentiti sulla vicenda, ci hanno fatto notare che sono tantissimi i motivi di salute che possono influire in un’operazione militare. “Tra i membri dell’esercito è più diffusa una cistifellea, la gravidanza, problemi alle ginocchia, interventi all’occhio, fratture. Cosa pensa di fare Trump per questi rischi?” Come il comandante della Marina Navale, Blake Dreman, che ha dichiarato di aver detto ai membri del servizio interessati di aspettare il corso delle sfide legali, continuando ad avere successo, per mostrare a Trump “che non siamo un problema, come non lo siamo mai stati”.