Usa. Il capo di stato maggiore Milley, ‘ero pronto a dimettermi: c’era un piano di Trump per un golpe’

L'ex presidente smentisce, 'il mio golpe sarà la mia rielezione'.

di Guido Keller

La Cnn ha riportato in un servizio anticipazioni di un libro di Philip Rucker e Carol Leonnig, noti giornalisti del Washington Post, in cui il capo dello stato maggiore congiunto Usa Mark Milley denuncia di aver avuto serie preoccupazioni di un golpe promosso da Donald Trump alla luce della sconfitta elettorale alle elezioni dello scorso 3 novembre. In “I Alone Can Fix It” (Solo io posso aggiustarlo) Milley confessa di essersi messo d’accordo con i suoi colleghi, alti ufficiali dell’apparato militare, per dimettersi uno ad uno nel caso fossero giunti dalla Casa Bianca ordini di agire contro l’ordine democratico, come pure che già da un anno alti funzionari ed individui della cerchia ristretta dell’amministrazione Trump stavano pensando ad un’azione in caso di sconfitta alle elezioni.
Secondo Milley i timori si erano concretizzati con le dimissioni del procuratore generale William Barr, avvenute il 20 dicembre, e soprattutto il licenziamento del segretario alla Difesa Mark Esper, del 9 novembre 2020.
E’ tuttavia arduo collegare un eventuale piano per un golpe agli incidenti del 6 gennaio, quando gruppi sostenitori di Trump, dai complottasti di QAnon agli esaltati di Proud Boys, dagli anarchici agli estremisti di Three Percenters, ai razzisti di “Neo-confederati” hanno preso d’assalto il Campidoglio, provocando scontri che hanno portato alla morte di cinque persone. Vero è che l’ex presidente ha faticato molto ad accettare la sconfitta elettorale, accusando brogli di ogni genere, soprattutto per i voti di corrispondenza.
Trump ha respinto il quadro presentato da Milley bollando come “ridicole” le sue affermazioni. Negando l’esistenza di un piano per un golpe in caso di sconfitta, l’ex presidente ha detto che anche se fosse stato, di certo non si sarebbe rivolto al capo di stato maggiore congiunto: “Non ho mai parlato con nessuno di un colpo di Stato”, ha affermato Trump, il quale ha aggiunto che “il mio colpo di stato sarà una mia nuova elezione”.
Ieri sono anche uscite informazioni importanti riguardanti le elezioni del 2016: dopo le accuse alla Russia di interferenze, il Guardian ha riportato stralci di documenti giudicati “autentici”, e secondo gli esperti fatti trapelare dal Cremlino, secondo cui fu lo stesso presidente Vladimir Putin aveva autorizzato di persona operazioni dei servizi segreti (Fsb, Gru e Svr) per sostenere Trump nella corsa alla Casa Bianca. Nei documenti Trump viene descritto come “mentalmente instabile”, e lo scopo era quello di gettare gli Usa nel caos. Allora falsi profili social costruiti da aziende di San Pietroburgo e attacchi hacker avevano influenzato a tal punto le elezioni Usa che Hillary Clinton perse le elezioni nonostante fino a poco prima fosse stata in testa di 9 punti su Trump: vennero divulgate oltre 20mila email che portarono alla luce un’operazione del comitato centrale del Partito Democratico, che avrebbe dovuto essere neutrale, volta a screditare il candidato alle primarie Bernie Sanders a vantaggio dell’ex segretario di Stato. Da allora per Clinton fu una discesa inarrestabile.