di C. Alessandro Mauceri –
Nei giorni scorsi è stata scritta la parola fine (almeno per ora) alla disputa tra società petrolifere e indiani Sioux.
Lo stato del Nord Dakota aveva concesso le autorizzazioni per la costruzione di una condotta lunga 2mia chilometri, una struttura che dovrebbe servire a trasportare a regime 470mila di barili di greggio al giorno. Un affare multimiliardario giustificato ribadendo che potrebbe servire a creare tra 8mila e 12mila posti di lavoro per la realizzazione del progetto. Un colosso sulla quale pare fossero evidenti gli interessi della società energetica Energy Transfer Patners.
Tuttavia era stato previsto che l’oleodotto sarebbe passato sulle terre dei Sioux. Anzi, in una zona da loro considerata sacra. Per questo motivo da anni migliaia di nativi americani manifestano lungo il tracciato delle condutture vicino alla riserva di Standing Rock Sioux, a cavallo tra North Dakota e South Dakota. Numerose le personalità che si sono schierate a favore dei nativi americani, da Jane Fonda a Joan Baez, che ha anche inviato una lettera aperta al presidente Barak Obama. Tra i motivi che hanno spinto i nativi a manifestare così attivamente c’è anche la paura che l’oleodotto possa inficiare sulla qualità delle falde acquifere a cui attinge la riserva e inquinare il fiume Missouri.
Dure le posizioni assunte da una parte e dall’altra. Da un lato la polizia del Nord Dakota che ha arrestato 141 nativi ed ecologisti a Standing Rock durante lo sgombero dell’Oceti Sakowin Treaty Camp, allestito da alcuni mesi per protesta nella riserva Sioux.
Dall’altro è stato chiaro il segnale politico alle ultime elezioni: Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca ha raggiunto “solo” il 64.1% dei voti nel North Dakota, numeri inferiori alle aspettative dato che questo Stato è notoriamente repubblicano.
Il braccio di ferro è durato molti mesi, fino a domenica scorsa: il corpo degli “Engineers”dell’Esercito, il genio militare, ha deciso di non autorizzare la costruzione di questo tratto dell’oleodotto. Una decisione presentata come tecnica ma che è più politica, dal momento che servirebbe ad evitare l’inasprirsi degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine fino al prossimo gennaio, data del passaggio di consegne tra il presidente uscente Obama e il neoeletto Trump. Mentre il primo, in questi mesi, ha più volte riconosciuto come valide le ragioni dei protagonisti della protesta, Trump ha sempre ribadito di essere favorevole al progetto dell’oleodotto che dovrebbe portare il greggio estratto nei giacimenti del bacino di Bakken, all’estremo nord americano, al confine col Canada, fin nel Texas e negli altri Paesi del profondo sud e del Mid-West.
Ciò potrebbe spostare l’attenzione su un altro fronte: negli Usa il genio militare gode di ampia autonomia e non sarà facile per Trump, appena insediato, obbligarlo a cambiare idea. La soluzione potrebbe essere politica più che tecnica: gli esperti dell’Esercito hanno detto che il tracciato della pipeline non era ammissibile perché avrebbe messo in pericolo le riserve d’acqua degli insediamenti indiani. Ciò significa che al consorzio che sta costruendo il gasdotto potrebbe bastare modificare il percorso per ottenere il nulla osta.
Foto: Dallas Goldtooth.