di Giuseppe Gagliano –
La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha deciso di introdurre sanzioni contro la Corte Penale Internazionale per aver messo sotto accusa il presidente israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, in quella che è a tutti gli effetti l’ennesima dimostrazione che per Washington esiste un diritto su misura, ritagliato sui propri interessi e quelli dei suoi alleati. Tuttavia c’è un limite oltre il quale anche i più incalliti sostenitori della democrazia a stelle e strisce dovrebbero ammettere l’evidenza: chiunque governi, negli Usa non si conoscono freni alla propria arroganza.
Gli Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma, considerandolo evidentemente troppo vincolante per il loro stile predatorio di fare politica internazionale. Non si sono fatti problemi però a usare la Corte come uno strumento contro i nemici di turno, da Slobodan Milosevic a Vladimir Putin. Ma quando l’Aia decide di indagare su chi realmente esercita un dominio armato sul mondo, e si sta parlando di un vero e proprio sterminio di massa a Gaza, gli USA reagiscono come un despota in preda a un accesso di rabbia. La Corte diventa un “tribunale illegittimo”, e chi osa sfidare l’impunità garantita agli “amici” di Washington deve essere punito.
È la solita doppia morale statunitense: gli alleati di Israele possono bombardare Gaza (45mila morti di cui un terzo bambini) e ostacolare la fornitura di aiuti umanitari senza subire conseguenze, mentre chi si oppone a questo stato di cose viene demonizzato o eliminato. Gli Stati Uniti parlano di giustizia, ma non accettano di risponderne. Difendono la democrazia, ma impongono sanzioni a chiunque metta in discussione il loro arbitrio.
La Camera, con la solita complicità bipartisan, si è così affrettata ad approvare l’“Illegitimate Court Counteraction Act”, un nome che sa tanto di propaganda hollywoodiana. Nessun repubblicano ha osato opporsi, come se riconoscere il principio di giurisdizione universale fosse un crimine di lesa maestà. E anche i democratici, salvo poche eccezioni, si sono piegati all’altare dell’alleato israeliano, confermando ancora una volta che la politica estera statunitense fa di tutto fuorché ciò per cui viene propagandata.
Ma è al Senato che si giocherà la vera partita, dove la legge potrebbe incontrare ostacoli. Non per una questione di principio, sia chiaro, ma solo per le consuete schermaglie politiche interne. Intanto il mondo assiste sgomento a questo teatrino ipocrita, dove i crimini di guerra diventano “diritti sovrani” e chi cerca giustizia viene trattato come un nemico da abbattere.
L’arroganza dell’amministrazione Usa è talmente radicata da non concepire più nemmeno l’idea di un contrappeso morale o legale. È la presunzione di un impero che si crede eterno, ma che proprio per questo inizia a mostrare le crepe di decadenza. Perché la storia insegna una verità che nessuna sanzione o veto potrà mai cancellare: la giustizia, prima o poi, trova sempre la sua strada. Anche contro gli imperi più potenti.