Usa. Khashoggi: Biden “grazia” Mohamed Bin Salman con l’immunità diplomatica

di C. Alessandro Mauceri

Giovedì scorso l’amministrazione Biden ha chiesto a un tribunale degli Stati Uniti d’America di non ammettere Mohammed bin Salman come mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, dato che gode di immunità diplomatica.
Tutto è iniziato nel 2018: dopo essere stato attirato con una scusa nel cosolato saudita di Istanbul, Jamal Khashoggi, giornalista del The Washington Post e ritenuto un dissidente politico nel proprio Paese, l’Arabia Saudita, è stato ucciso, fatto a pezzi e il cadavere bruciato in un forno. Le prime indagini videro emergere la responsabilità dei servizi segreti arabi, ma apparirono da subito anche pesanti responsabilità di Mohammed bin Salman, leader di fatto della monarchia saudita e figlio del sovrano. In un primo momento le autorità saudite negarono ogni coinvolgimento: affermarono che il giornalista aveva lasciato l’edificio utilizzando un ingresso posteriore. In un secondo momento furono costrette ad ammettere che era stato ucciso nel corso di “una colluttazione” con dei funzionari che volevano costringerlo a rientrare nel Paese. Ad un certo punto il principe Mohammed bin Salman, che fino ad allora aveva negato ogni coinvolgimento nell’uccisione del giornalista, fu costretto ad ammettere, in qualche modo, che l’omicidio era avvenuto “sotto la sua responsabilità”, come risulterebbe anche da un rapporto della CIA recentemente reso disponibile. Per questo motivo la compagna di Khashoggi, Hatice Cengiz, ha citato lui e gli autori materiali dell’omicidio in un tribunale statunitense, anche perchè Khashoggi aveva doppia cittadinanza.
Recentemente è stato diffuso un documento firmato da Richard Visek, consigliere legale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, nel quale si “suggeriva” al Dipartimento di Giustizia di fornire “la possibilità di immunità” alla Corte che avrebbe dovuto giudicare Mohammed bin Salman. La Casa Bianca ha affermato che “Il governo degli Stati Uniti esprime gravi preoccupazioni per l’orribile uccisione di Jamal Khashoggi e solleva queste preoccupazioni pubblicamente e con i più alti livelli del governo saudita”, ma che “la dottrina dell’immunità del capo dello Stato è ben consolidata nel diritto internazionale consuetudinario ed è stata costantemente riconosciuta nella pratica di lunga data del ramo esecutivo come una determinazione basata sullo status, che non riflette un giudizio sulla condotta sottostante in questione nel contenzioso”. Una dichiarazione che ha lasciato molti basiti. All’epoca dei fatti Mohammed bin Salman non era primo ministro né ricopriva alcun incarico che prevedesse l’immunità diplomatica. La carica di primo ministro era appannaggio del re, Salman bin Abdulaziz. Solo a settembre di quest’anno, vale a dire quattro anni dopo l’omicidio del giornalista, l’Arabia Saudita ha pubblicato un comunicato stampa nel quale si afferma che il principe Mohammed è stato nominato primo ministro. E il “nuovo” primo ministro dell’Arabia Saudita ha cambiato atteggiamento e ha dichiarato di aver sempre sostenuto di non essere coinvolto personalmente nell’omicidio Khashoggi.
La richiesta della Casa Bianca di non rinviare a processo il principe arabo ha destato non poche polemiche: si tratta di un cambio di rotta non indifferente rispetto alla posizione dell’inquilino della Casa Bianca sulla vicenda: durante la campagna elettorale per le presidenziali Biden aveva più volte ripetuto di ritenere bin Salman responsabile dell’omicidio di Khashoggi. Appena eletto, aveva persino rifiutato di confrontarsi direttamente con il principe: l’addetto stampa del presidente Usa aveva giustificato questa decisione dicendo che, sebbene leader de facto saudita, non era lui la controparte del presidente degli Usa.
Ora l’inquilino della Casa Bianca ha cambiato idea. Pensa che potrebbe essere imbarazzante, dal punto di vista diplomatico, accettare la (quasi certa) condanna del principe ereditario, anche se solo in una causa civile. Secondo Bruce Riedel, ex analista della Cia, “significherebbe che ogni volta che viene negli Stati Uniti sarebbero costretti a notificare e chiedere il pagamento della pena. Sarebbe umiliante e significherebbe effettivamente che il principe non potrebbe viaggiare di nuovo negli Stati Uniti”. Ora bin Salman è primo ministro. E “il paria è ora al di sopra della legge”, ha detto Riedel.
Al termine di un “grande dibattito” ai massimi livelli, alcuni funzionari statunitensi hanno ribadito che sarà difficile difendere l’affermazione dell’amministrazione Biden secondo cui i diritti umani sono al centro della sua politica estera e allo stesso tempo consentire al principe ereditario di evitare la responsabilità per il suo presunto ruolo nell’omicidio.
Forse non è un caso se la decisione di Biden di cambiare opinione sul principe saudita è arrivata solo dopo le elezioni di medio termine.