Usa. Khashoggi: l’intelligence sapeva che Mas voleva eliminare le voci dissidenti

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Il New York Times ha pubblicato oggi di un rapporto dei servizi segreti statunitensi che già un anno e mezzo fa avevano alzato l’allerta negli Usa in quanto erano venuti conoscenza del fato che il potente principe ereditario saudita, Mohammed bin Salam, aveva ordinato operazioni segrete per mettere a tacere le voci critiche nei confronti della monarchia. Il rapporto parla di una “forza rapida di intervento” volta a monitorare, rapire e torturare i dissidenti, per cui Washington aveva aumentato la sorveglianza degli esuli sauditi politicamente attivi presenti negli Usa.
Il documento viene così a collegarsi con il caso di Jamal Khashoggi, dal 2017 esule negli Usa dove era editorialista del Washington Post con posizioni molto critiche nei confronti del principe ereditario Mohamed bin Salman, il quale anche in passato non si è fatto scrupoli nel far arrestare principi e funzionari requisendo loro cifre per svariate centinaia di miliardi di dollari.
Khashoggi era entrato il 2 ottobre nel consolato saudita di Istanbul per richiedere documenti di divorzio e da lì non era più uscito in quanto ucciso da un commando di agenti segreti sauditi. Non solo tutti gli indizi portano al principe ereditario come mandante dell’efferato omicidio: nel dicembre scorso la stampa Usa ha riportato le conclusioni della Cia che danno Mbs (così viene chiamato il principe) aver impartito ordini al fratello Khalid bin Salman, allora ambasciatore negli Usa, per consigliare a Khashoggi di recarsi al consolato di Istanbul per ritirare i documenti di divorzio, dove era stata preparata la trappola. Per la Cia, pur non essendoci prove certe che Khalid fosse a conoscenza del piano per eliminare Khashoggi, è certo che la telefonata fu sollecitata o arrivava direttamente da Mbs.