Usa. La vittoria di Youngkin in Virginia: campagna trumpiana light?

di Domenico Maceri * –

SAN LUIS OBISPO. La recente vittoria di Glenn Youngkin a governatore del Virginia è stata interpretata dai media come una forte sconfitta per l’agenda di Joe Biden con probabili nubi burrascose alle elezioni di midterm del 2020. Alcuni hanno cercato di assegnare la colpa per la sconfitta all’ala progressista dei democratici e l’intransigenza nel fare compromessi. Rachel Maddow però, con molta perspicacia, ha visto molto bene quando ha spiegato in un suo recente programma alla Msnbc che non si tratta affatto di una sconfitta e difatti una vittoria per Biden. La Maddow ha passato in rassegna la tempistica anomala delle elezioni a governatore del New Jersey e Virginia che avvengono ogni anno dopo quelle presidenziali. Comparando i risultati storici fra il presidente in carica e gli esiti alle elezioni per governatore in questi due Stati, la Maddow fa notare che il partito che conquista la Casa Bianca perde ambedue contese. Negli ultimi 30 anni, gli unici presidenti a non perdere ambedue contese sono stati Ronald Reagan e lo stesso Biden.
Si tratta dunque di un bicchiere mezzo pieno per i democratici anche se la vittoria di Youngkin potrebbe servire da spinta e più importante come road map a future elezioni dove Trump continua a gettare un’ombra. In realtà, l’ex presidente è rimasto al di fuori della campagna di Youngkin, aiutandolo paradossalmente a portare a casa la vittoria. Youngkin ha condotto una campagna elettorale come un Trump light senza rifiutarlo ma allo stesso tempo non invocandolo con le sue tematiche delle elezioni rubate. Youngkin non ha però rifiutato il 45esimo presidente come ci dimostra il fatto che non ha riconosciuto pubblicamente la vittoria di Biden.
Dal campo democratico invece quasi tutti i big del partito sono stati visibili, incluso Biden, che ha messo del suo per aiutare Terry McAuliffe, l’avversario di Youngkin. Difatti, il candidato democratico ha condotto una campagna con una tematica nazionale cercando di stabilire la sua candidatura come rappresentante dell’attuale inquilino alla Casa Bianca, contrapponendosi a quella dell’ex presidente. Youngkin non è cascato nella trappola e Trump lo ha aiutato rimanendo in grande misura assente, permettendogli di usare la solita tecnica repubblicana di concentrarsi sugli aspetti sociali e le paure degli elettori. Trump lo fa ovviamente con grande successo per la sua base ma meno per quanto riguarda gli elettori indipendenti che lo vedono troppo stridente e volgare.
Youngkin invece si è presentato come un repubblicano tradizionale dell’establishment, infuocando le paure degli elettori sollevate dalle questioni razziali. Lo ha fatto legando la questione razziale alla pubblica istruzione, sottolineando le guerre culturali e l’insegnamento scolastico. La teoria critica razziale, visione storica liberal che traccia la storia americana come nata dal razzismo e la continua precaria situazione economico-sociale degli afro-americani, non è insegnata nelle scuole americane né tantomeno in quelle del Virginia. Youngkin però ha ricalcato fondamentale la libertà dei genitori nelle scuole per mantenere lontano lo studio della teoria critica razziale che vede la nascita e lo sviluppo economico degli Stati Uniti con la schiavitù. Traduzione: Io, da governatore, difenderò i vostri diritti e la vostra libertà e allo stesso tempo legittimerò la vostra posizione privilegiata. Questo messaggio è stato accolto da una buona fetta di elettori bianchi i quali sarebbero stati scioccati dallo stesso messaggio se fosse uscito dalla bocca poco diplomatica di Trump. Youngkin ha asserito che proibirebbe lo studio della teoria critica della razza.
Youngkin è riuscito a motivare in questo modo il flusso degli elettori alle urne, ottenendo un notevole successo, specialmente con le donne bianche delle zone periferiche. Se nell’elezione del 2020 Biden era riuscito a sconfiggere Trump con questo gruppo (50 a 49 percento), Youngkin ha sconfitto McAuliffe (57 a 43 percento) secondo exit poll. In effetti, il candidato repubblicano ha controllato il gioco della campagna sottolineando le paure degli elettori. McAuliffe, invece, ha cercato di condurre una campagna nazionale senza però seguire l’esempio di Barack Obama nella questione razziale. Il 44esimo presidente sapeva benissimo che la questione razziale andava affrontata e lo fece creando una visione inclusiva, mobilitando una coalizione di diversi gruppi. Ovviamente, il carisma di Obama contribuì abbastanza al suo successo politico. McAuliffe, anche se non privo di esperienza poiché era già stato governatore del Virginia dal 2014 al 2018, non possiede il carisma di Obama che fra i politici dei tempi recenti rimane unico.
La vittoria di Youngkin è stata possibile anche dal fatto che in questa elezione anomala dal punto della tempistica gli elettori del partito fuori dalla Casa Bianca sono motivati e si presentano alle urne. Inoltre, la titubanza a Washington dei democratici sull’approvazione dei due disegni di legge sulle infrastrutture a causa della lotta fra progressisti e moderati avrà influito sugli elettori del Virginia, vicinissimi anche geograficamente alla politica del governo federale. L’indice di gradimento in discesa di Biden avrà avuto la sua influenza. L’annuncio dei 531 mila posti di lavoro creati nel mese di ottobre, avvenuto dopo l’elezione in Virginia, avrebbe probabilmente aiutato McAuliffe come pure l’approvazione della Camera del disegno di legge sulle infrastrutture, avvicinandolo alla firma di Biden. Un punto molto promettente per i democratici però emerge dalla frattura dei repubblicani, alcuni dei quali sia alla Camera che al Senato hanno votato a favore delle infrastrutture. Trump lo ha notato ed ha attaccato pubblicamente Mitch McConnell, Kentucky, leader repubblicano della minoranza al Senato, il quale ha lodato pubblicamente la nuova legge per i grandi benefici che recherà al suo Stato.
L’ex presidente sta già programmando la strategia per punire i repubblicani che hanno votato a favore del disegno di legge sulle infrastrutture, riconoscendo sotto sotto, che il successo dell’agenda legislativa di Biden si profila come nota negativa per i repubblicani alle prossime elezioni di midterm del 2022. E forse rimpiange il fatto che da presidente non ha accettato l’offerta di Nancy Pelosi e Chuck Schumer, rispettivamente leader della maggioranza alla Camera e della minoranza al Senato, di un piano di infrastrutture di 2 mila miliardi. Trump, secondo le ultimissime notizie, avrebbe rifiutato l’offerta fin quando i democratici non avessero posto fine alle loro indagini sulla condotta della sua amministrazione che alla fine condussero a due impeachment. Come spesso faceva e continua a fare, Trump si preoccupa dei suoi interessi e non quelli del Paese.

* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.