Usa. L’FBI ammette, ‘la Cina ha rubato montagne di dati, pericolo caos’

di Giuseppe Gagliano

Il direttore dell’FBI, Christopher Wray, ha spiegato alla trasmissione”60 Minutes” della Cbs che la Cina ha rubato più dati personali e aziendali dagli Stati Uniti di tutte le altre nazioni messe insieme. Il problema che si evidenzia non è tuttavia solo la portata dell’attacco, ma l’ammissione implicita di un fallimento sistemico nella protezione delle infrastrutture americane.
Wray descrive un quadro inquietante: il governo cinese non si accontenta più di rubare segreti industriali o dati sensibili. Sta costruendo una rete invisibile dentro le infrastrutture critiche civili degli Stati Uniti, pronta a scatenare il caos nel momento e nel luogo più opportuno per i suoi interessi. Un’accusa pesante che, tuttavia, suona come una dichiarazione di impotenza di fronte alla sofisticatezza degli attacchi digitali di Pechino.
Secondo le parole di Wray, la Cina è ormai in grado di appostarsi nelle reti infrastrutturali americane, aspettando il momento giusto per colpire. Questo significa che ogni impianto energetico, sistema di trasporti o piattaforma di comunicazione potrebbe essere una potenziale arma nelle mani del governo cinese. Non si tratta più solo di spionaggio industriale o cyber-attacchi mirati, ma di un’infiltrazione sistemica e pianificata per destabilizzare il cuore pulsante della società americana.
E mentre Wray denuncia il pericolo, ci si chiede dove fosse l’FBI mentre Pechino entrava indisturbata nei gangli vitali delle infrastrutture statunitensi. Se il direttore di una delle principali agenzie investigative del mondo ammette che “hanno rubato più di tutti gli altri messi insieme”, il problema non è solo nella forza dell’avversario, ma nella debolezza di chi avrebbe dovuto proteggerci.
Il direttore dell’FBI non ha risparmiato parole per mettere in guardia il pubblico americano, ma le sue dichiarazioni suonano più come un’ammissione di resa che come un avvertimento. Se il nemico è già dentro le mura e dispone di armi pronte a scatenare il caos, non siamo di fronte a una minaccia futura, ma a un problema presente. E il governo statunitense, con tutte le sue risorse tecnologiche e militari, appare incapace di bloccare questa avanzata.
Il problema è anche geopolitico. Mentre Pechino investe miliardi nel potenziamento delle sue capacità cibernetiche e nell’infiltrazione digitale, Washington si divide tra battaglie politiche interne e una burocrazia lenta e inefficiente. Il risultato? La Cina gioca d’anticipo e conquista un vantaggio strategico, mentre l’America si trova sempre a rincorrere.
E allora la domanda da porsi è semplice: come è possibile che la nazione più potente del mondo, con risorse apparentemente illimitate, sia così vulnerabile? Forse è il momento di smettere di guardare alla Cina come un semplice avversario tecnologico e iniziare a considerarla per ciò che è: un potere globale che gioca senza regole, approfittando di ogni debolezza del suo rivale.
Le parole di Wray non sono solo un avvertimento: sono la fotografia di un fallimento. Un fallimento che mostra quanto sia fragile l’apparato di sicurezza americano di fronte a un avversario che non ha paura di sporcarsi le mani nel mondo digitale.