Usa. Punizioni corporali nelle scuole

di C. Alessandro Mauceri

Negli Stati Uniti d’America, paese “sviluppato” e paladino dei diritti umani, è in atto un ritorno al passato senza precedenti. Dopo le polemiche sul diritto all’aborto e quelle sull’età minima per i matrimoni, ora un altro settore, sempre riguardante i minori, rischia di riportare indietro gli USA di decenni: quello sulle punizioni corporali nelle scuole.
Nelle scorse settimane un distretto scolastico nel sud-ovest del Missouri ha deciso di consentire le punizioni corporali sugli studenti. Esercitare violenza su un minore nelle scuole è consentito. A patto che sia autorizzata dai genitori, che “non causi lesioni fisiche o danni” permanenti allo studente e che il minore “non sia colpito sulla testa o sul viso”. Inoltre deve avvenire “in forma ragionevole” e quando “tutti gli altri mezzi alternativi di disciplina hanno fallito”. Non è chiaro cosa si debba intendere con “ragionevole”. “L’uso della forza fisica come metodo per correggere il comportamento degli studenti” è stato adottato dal consiglio scolastico del distretto, ha dichiarato un dirigente scolastico, “come misura di correzione o di mantenimento della disciplina e dell’ordine”. Secondo il sovrintendente Merlyn Johnson,la decisione sarebbe stata presa dopo aver effettuato un sondaggio sulla popolazione. “Uno dei suggerimenti che sono emersi è stata la preoccupazione per la disciplina degli studenti”, ha detto la Johnson. “Quindi abbiamo reagito implementando diverse strategie, tra cui le punizioni corporali”.
In realtà la pratica di esercitare la violenza contro gli alunni negli USA è più diffusa di quanto si pensi: le punizioni corporali scolastiche sono ammesse in ben 19 stati (in alcuni stati solo in determinate contee). Nel 1977 la Corte Suprema stabilì con un voto di 5-4 che le punizioni corporali scolastiche erano costituzionali e non costituivano una punizione “crudele e insolita” ai sensi dell’Ottavo Emendamento. “Un membro dello staff può usare una forza fisica ragionevole contro uno studente per la protezione dello studente o di altre persone o per proteggere la proprietà”. Secondo uno studio pubblicato sulla Society for Research in Child Development, sono oltre 160mila i bambini sopra i sei anni vittime di punizioni corporali, ogni anno. E questo nonostante numerosi studi hanno dimostrato che questi metodi non sono affatto efficaci. Anzi. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Family Psychology, potrebbero sortire effetti opposti: “Le meta-analisi qui presentate non hanno trovato prove che la sculacciata sia associata a un miglioramento del comportamento del bambino e piuttosto hanno scoperto che la sculacciata è associata ad un aumentato rischio di 13 esiti dannosi”, si legge nel rapporto.
Lo scorso anno il preside di una scuola elementare della Florida è stato ripreso da un genitore mentre sculacciava una bambina di sei anni con una bacchetta di legno. Scoppiò lo scandalo mediatico, ma alla fine per la preside non ci furono conseguenze: la Florida è uno dei 19 stati degli USA che consente questo tipo di punizioni corporali nelle scuole. Fa eccezione la contea di Hendry, proprio quella dove la bambina era stata picchiata. Questo non bastò ai pubblici ministeri per ritenere la dirigente scolastica responsabile di un illecito. Anzi, in un promemoria venne attaccata la credibilità della madre della bambina, un’immigrata senza documenti, che aveva filmato l'”incidente” e lo aveva inviato ad una stazione televisiva locale. Aspetto non secondario è proprio quello riguardante le vittime di questi atti: quasi sempre ad essere sottoposti a queste forme di violenza sono adolescenti e bambini di colore o appartenenti a ceti sociali bassi.
Esercitare violenze fisiche su un minore è espressamente vietato da uno dei più importanti documenti sui diritti umani esistenti al mondo: la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza CRC. L’articolo 19 dispone che “gli stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il minore contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all’uno o all’altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l’appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, e ai fini dell’individuazione, del rapporto, dell’arbitrato, dell’inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario”. Nel documento, approvato all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non è scritto “a patto che ad esercitare queste violenze non sia un docente”. La CRC è stata approvato e ratificata da tutti i paesi membri delle Nazioni Unite tranne uno: gli Stati Uniti d’America, che lo hanno firmato ma mai trasformato in legge.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un bambino su 2 di età compresa tra 6 e 17 anni (732 milioni) vive in paesi in cui le punizioni corporali a scuola non sono completamente vietate. Punizioni corporali che spesso innescano reazioni psicologiche e fisiche non indifferenti. I bambini picchiati provano dolore, tristezza, paura, rabbia, vergogna e senso di colpa. Sentirsi minacciati porta molti di loro a condizioni di stress fisiologico. I minori vittime di queste violenze spesso tendono a mostrare un’elevata reattività allo stress (anche fisica), sistemi biologici sovraccarichi, compresi i sistemi nervoso, cardiovascolare e nutrizionale, e cambiamenti nella struttura e nella funzione del cervello.
Nel 2014, dopo una missione esplorativa negli USA, i responsabili dell’OMS inviarono al governo statunitense un report nel quale erano contenute alcune segnalazioni di violazioni dei diritti dei minori. Tra queste si parlava proprio delle punizioni corporali nelle scuole (punto 17). Nel rapporto, i funzionari delle NU invitavano il governo statunitense ad “adottare misure pratiche, anche attraverso misure legislative, se del caso, per porre fine alle punizioni corporali in tutti i contesti. Dovrebbe incoraggiare forme non violente di disciplina come alternative alle punizioni corporali e dovrebbe condurre campagne di informazione pubblica per sensibilizzare sui suoi effetti dannosi. Lo stato parte dovrebbe anche promuovere l’uso di alternative all’applicazione del diritto penale per affrontare le questioni disciplinari nelle scuole”.
Sono passati otto anni, ma nulla di tutto questo è stato fatto. Anzi, il numero degli stati dove sono ammesse le punizioni corporali sui bambini nelle scuole è aumentato.
Oggi gli USA sono il paese “sviluppato”, paladino dei diritti umani, che ha ratificato meno accordi internazionali sui diritti umani tra quelli approvati dalle Nazioni Unite (solo 5 su 18). Treaty bodies Treaties (ohchr.org) In molti degli stati degli USA è contro la legge imporre punizioni fisiche ad un gatto o ad un cane o a un cavallo. Ma in molti stati nessuno vieta di picchiare un bambino piccolo o di farlo picchiare da un professore.