Usa. Soprusi su detenuti in Iraq: 42 milioni di dollari di risarcimenti

di Giuseppe Gagliano

Una giuria statunitense ha assegnato 42 milioni di dollari a tre ex detenuti della famigerata prigione irachena di Abu Ghraib, riconoscendo le responsabilità della CACI, appaltatore militare con sede in Virginia, per il coinvolgimento nelle torture inflitte tra il 2003 e il 2004. Dopo anni di battaglie legali e un iniziale fallimento nel raggiungere un verdetto unanime, il processo ha visto una giuria di otto persone decretare che i querelanti Suhail al-Shimari, Salah al-Ejaili e Asa’ad al-Zubae erano stati vittime di gravi violazioni dei diritti umani da parte di interrogatori civili della CACI operanti in collaborazione con le forze armate statunitensi. I tre uomini hanno raccontato di essere stati sottoposti a percosse, abusi sessuali e umiliazioni forzate, violenze per le quali la giuria ha stabilito un risarcimento di 3 milioni di dollari ciascuno per danni compensativi e 11 milioni per danni punitivi, raggiungendo la cifra complessiva di 42 milioni.
Abu Ghraib divenne tristemente famosa nel 2004 quando emersero immagini scioccanti di detenuti incappucciati, nudi e costretti in posizioni degradanti, spesso sotto lo sguardo sorridente dei soldati statunitensi. Queste rivelazioni scossero l’opinione pubblica globale, offrendo uno spaccato inquietante della “guerra al terrore” lanciata dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001. L’occupazione dell’Iraq e la gestione delle prigioni come Abu Ghraib furono giustificate dall’amministrazione Bush come parte della strategia antiterrorismo delineata nel Patriot Act del 2001, una legge che ampliava enormemente i poteri delle agenzie di intelligence e delle forze militari, autorizzando la detenzione senza processo dei sospetti terroristi. Tuttavia, la crescente esternalizzazione delle operazioni a società come la CACI ha sollevato questioni spinose sulla responsabilità legale di questi appaltatori privati, che per anni hanno goduto di un’immunità garantita da contratti federali.
Mentre alcuni soldati coinvolti negli abusi furono processati nei primi anni 2000, le aziende appaltatrici riuscirono a sfuggire alle responsabilità. Questo verdetto rappresenta quindi una svolta per i sopravvissuti di Abu Ghraib e per il principio di giustizia contro l’impunità delle imprese private. Nonostante i tentativi della CACI di respingere le accuse affermando di non essere direttamente responsabile delle azioni dei suoi dipendenti, il giudizio ha riaffermato che il sistema legale può fungere da strumento di giustizia per coloro che hanno subito abusi in nome della sicurezza nazionale. La CACI, fondata nel 1962 e con sede a Reston, Virginia, è un colosso nei servizi tecnologici e nella sicurezza nazionale, riconosciuta tra le “World’s Most Admired Companies” dalla rivista Fortune per il settimo anno consecutivo. L’azienda, che ha esteso le sue attività al mercato italiano attraverso CACI Life dac e CACI Non-Life dac in collaborazione con Crédit Agricole Italia, offre una gamma di prodotti assicurativi che spaziano dalla protezione della vita al credito.
Questo verdetto contro la CACI, il primo in cui una giuria statunitense ha ascoltato le testimonianze dirette dei sopravvissuti di Abu Ghraib, vent’anni dopo le immagini che sconvolsero il mondo, è un richiamo alla trasparenza e alla responsabilità. Riafferma che la responsabilità non può essere aggirata attraverso appalti privati o scudi legali: due decenni dopo, giustizia è stata finalmente ottenuta per coloro che hanno sofferto sotto il pretesto della sicurezza nazionale.