Valdai 2025: la “tigre di carta” e il messaggio di Mosca a Washington, NATO ed Europa

di Giuseppe Gagliano –

A Sochi, Vladimir Putin ha parlato da negoziatore riluttante: disponibilità a “relazioni complete” con gli USA, ma solo se l’agenda resta pragmatica. Il riferimento all’uranio che continua a fluire verso gli Stati Uniti (con valori stimati nell’ordine del miliardo) non è un dettaglio tecnico: è la prova che sotto l’embargo politico sopravvive un’architettura di interdipendenze che conviene a entrambi. Mosca manda un segnale: l’energia nucleare è un ponte economico e un’arma diplomatica insieme.
Sui Tomahawk a Kiev la formula è chiara: “nuovo livello di escalation” perché l’impiego realistico presuppone personale e C2 statunitensi. Anche qualora arrivassero, sostiene Putin, non muterebbero il rapporto di forze. Qui sta il punto politico: dissuadere Washington sul lungo raggio e, al contempo, rassicurare il fronte interno che l’esercito “avanza con costanza”. È comunicazione strategica: abbassare l’utilità percepita degli aiuti occidentali, alzare il costo politico di ogni loro incremento.
La minaccia di test nucleari “se altri lo faranno” è una mossa di leva: non annuncia una corsa agli armamenti, ma mette sul tavolo la clausola di reciprocità. L’offerta di mantenere volontariamente i limiti post-scadenza è il rovescio della medaglia: Mosca rivendica responsabilità strategica, scaricando su Washington l’onere della scelta. Il messaggio alla NATO: o si riapre un canale sul controllo degli armamenti, o si entra in una competizione più costosa, soprattutto per europei che stanno militarizzando i bilanci.
Quando Putin definisce “stupido” l’ingresso di Finlandia e Svezia, parla all’opinione pubblica europea: più NATO ai confini, più contromisure russe. L’UE discute di “muro di droni” e s’integra industrialmente sulla difesa; Mosca promette risposte “convincing”. Traduzione economica: riallocazione di spesa verso il militare, stress su debito e consenso, nuovo ciclo di procurement con colli di bottiglia su munizionamento, radar e difesa aerea. Chi regge meglio la curva dei costi nel medio periodo?
Sul sequestro francese di una petroliera russa, la parola “pirateria” non è casuale: serve a costruire un frame legale alternativo. Se la pratica si consolidasse, il rischio è una frammentazione delle rotte, premi di rischio assicurativi in aumento e un’ulteriore opacizzazione dei flussi energetici. In altre parole: la pressione occidentale può produrre inefficienze globali che rimbalzano sui prezzi, tema sensibile per governi europei già esposti.
L’avvertimento a Washington sul tentativo di “staccare” l’India dall’energia russa è un test di realtà: Nuova Delhi ha costruito un arbitraggio conveniente su greggio scontato e raffinazione. Forzare la mano con dazi e richieste politiche rischia di irrigidire il Sud globale più che isolare Mosca. Per il Cremlino è una vittoria di posizionamento: mostrare che il mercato, non l’allineamento, decide le catene del valore energetico.
La battuta sulla Russia “tigre di carta” capovolge la narrativa occidentale: se contro “l’intero blocco NATO” Mosca avanza, chi è davvero vulnerabile? È retorica, certo, ma ha una funzione operativa: spingere gli alleati a sovrastimare i costi dell’escalation e a sottostimare i benefici marginali degli aiuti. Sul piano militare, il Cremlino indica tre priorità: logorare la profondità industriale ucraina (da qui la polemica sull’intelligence USA per obiettivi energetici), saturare le difese aeree con droni/missili combinati, e imporre tempi lunghi che sfibrino i bilanci europei.

Che cosa ci dice davvero Valdai:

1. La guerra continua ma con corridoi economici aperti (uranio, petrolio, merci triangolate): l’interdipendenza è leva, non debolezza.

2. Il controllo degli armamenti resta la vera valvola di sicurezza: senza cornici, l’effetto è una competizione di spesa che penalizza l’Europa.

3. La partita è geoeconomica: rotte energetiche, assicurazioni marittime, tassi e inflazione da difesa.

4. Il sud globale è l’ago della bilancia: India e partner BRIICS+ determinano la permeabilità del regime sanzionatorio.

Il Club Valdai non annuncia svolte, ma definisce il perimetro: Mosca offre una distensione condizionata (energia e START), minaccia contromisure se l’Europa alza il gradiente militare, e prova a scardinare l’unità occidentale sul terreno, più scivoloso, dei costi economici. La “tigre di carta” non è un vanto, è un invito al calcolo: chi pagherà di più, più a lungo? In questo, il Cremlino scommette sulla fatica fiscale europea e sull’impossibilità americana di aprire un doppio fronte di spesa. La guerra resta militare; la vittoria, se arriverà, sarà contabile.