Venezuela. Aumenta la pressione internazionale contro il regime di Maduro

di Alberto Galvi

Per l’ennesima volta il Gruppo di Lima (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Perù, Santa Lucia e Messico) insieme agli Stati Uniti si è riunito per decidere ulteriori sanzioni da applicare nei confronti del regime venezuelano. La riunione si è svolta il 25 febbraio scorso a Bogotá in Colombia. Questo gruppo di paesi ha seguito la crisi venezuelana fin dall’inizio, quando nel 2017 le proteste contro il regime di Maduro avevano causato 125 morti.
Il Gruppo di Lima chiede al regime venezuelano in un documento redatto in diciotto punti, di trovare una soluzione pacifica alla crisi nel quadro della Costituzione, del diritto internazionale, e senza l’uso della forza. Il Vertice ha respinto l’intervento armato, ma ha riconosciuto che si sta consolidando uno status quo che avvantaggia solo Maduro. I pilastri del suo potere sono le entrate della compagnia petrolifera PDVSA (Petróleos de Venezuela S.A) e l’esercito. E‘ stata inoltre presentata una formale istanza alla CPI (Corte Penal Internacional) dell’Aja per prendere dei provvedimenti e risolvere la grave situazione umanitaria che il Venezuela sta attraversando. Inoltre il documento propone un aumento delle sanzioni economiche e delle pressioni diplomatiche contro il regime venezuelano.
Il Vertice di Bogotá si è reso necessario dopo gli ennesimi episodi di violenza, che hanno visto il regime di Maduro insieme ai gruppi dissidenti delle FARC-EP (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia -Ejército del Pueblo) usare la forza lo scorso sabato nei confronti dei militanti dell’opposizione venezuelana. Gli squadroni paramilitari hanno causato in questa occasione almeno quattro morti e oltre 300 feriti al confine tra Venezuela, Colombia e Brasile. Inoltre hanno bruciato gli aiuti umanitari promessi da Guaidó per mitigare la crisi in Venezuela. In questi giorni circa 700 oppositori di Maduro sono stati arrestati dopo le ultime manifestazioni di protesta contro il regime.
Gli Stati Uniti hanno concesso al Venezuela 56 milioni di dollari in aiuti umanitari, dopo la violenta repressione che ha impedito l’arrivo di cibo e medicine per il paese. Intanto continua l’esodo dei venezuelani, che con il peggioramento delle condizioni economiche del paese e con la paura di un possibile intervento militare statunitense chiedono rifugio ai paesi circostanti. Entro la fine di quest’anno si stima che 5,9 milioni di venezuelani lasceranno il paese per rifugiarsi nei paesi limitrofi. Tra i rifugiati ci sono al momento anche 411 soldati delle Forze armate venezuelane.
La crisi del paese sudamericano è peggiorata da quando è iniziato il secondo mandato presidenziale di Maduro lo scorso 10 gennaio. Juan Guaidó, il nuovo presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela, aveva dichiarato lo scorso 5 gennaio illegittimo il nuovo mandato di Nicolás Maduro. Inoltre l’Assemblea nazionale si era proposta di creare un organo di transizione per la restituzione dell’ordine costituzionale e riprendere il processo di rinnovamento e designazione dei poteri usurpati dal regime venezuelano.
In seguito Juan Guaidó, si è proclamato “presidente in carica provvisorio” ​​il 23 gennaio. Da allora, più di cinquanta paesi hanno riconosciuto il leader dell’Assemblea nazionale come presidente ad interim del Venezuela, disconoscendo il regime di Maduro. Intanto dalla sua nomina come presidente ad interim è passato un mese, e ancora non è riuscito a indire le elezioni presidenziali. Nel frattempo il leader dell’opposizione, è uscito dal paese il 22 febbraio scorso per partecipare al vertice del Gruppo di Lima. Guaidó però al suo ritorno dalla Colombia rischia di essere arrestato anche se gode della legittimità internazionale. La TSJ (Tribunal Supremo de Justicia) infatti gli aveva proibito di lasciare il territorio venezuelano.
Gli Stati Uniti intanto hanno chiesto al Consiglio di sicurezza di imporre al Venezuela di consentire l’ingresso degli aiuti umanitari. La Russia e la Cina hanno nuovamente respinto il sostegno a Guaidó e hanno ribadito che il legittimo presidente del Venezuela è Maduro. Le risoluzioni del Consiglio, devono ottenere nove voti per essere approvate e nessun veto da parte dei cinque membri permanenti (Gran Bretagna e Francia, Stati Uniti, Russia e Cina). La Russia considera però questa richiesta come un pretesto per un intervento armato. La Cina invece si è astenuta dal prendere parte all’attuale crisi politica che sta scuotendo il paese sudamericano. Gran Bretagna e Francia appoggiano invece la proposta degli Stati Uniti. Con il veto certo russo e quello probabile cinese alla risoluzione si crea di fatto una situazione di stallo nella crisi venezuelana.