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La crisi politica interna ma soprattutto le strategie economiche sbagliate del governo Maduro stanno spingendo il Venezuela, uno dei principali produttori di petrolio, verso il fallimento, tanto che l’agenzia di rating Standard & Poors ha dichiarato il Venezuela in default parziale.
In realtà era solo questione di tempo, perché al di là delle proteste delle opposizioni e agli scontri che hanno portato a 130 morti soprattutto ad opera dei “colectivos”, dell’abbassamento del prezzo di petrolio ma anche delle iniziative di Hugo Chavez di nazionalizzazione delle compagnie estrattive (cosa che ha tenuto lontano gli investimenti stranieri), in Venezuela l’inflazione galoppa tra il 700 e il 1.100 per cento. Senza essere economisti, per avere un quadro della situazione attuale del Venezuela basti vedere le notizie di cronaca che indicano penuria di generi alimentari e di medicinali con tanto di camion governativi assaltati, negozi rapinati, contrabbando dai paesi vicini. La corrente elettrica è razionata da mesi, gli uffici pubblici e le scuole sono aperti solo alcuni giorni alla settimana.
S&P ha spiegato che il Venezuela non ha pagato 200 milioni di interessi sui prestiti obbligazionari in scadenza nel 2019 e nel 2024; l’incontro di lunedì tra 400 creditori e governo è desolatamente fallito, anche perché in neanche mezz’ora, tanto è durato, si è capito che il governo non aveva piani di rientro del debito o quantomeno del pagamento degli interessi. Parole vuote quindi l’annuncio di Nicolas Maduro di aver messo in piedi un piano per il Venezuela circa il debito, ”un rifinanziamento, una ristrutturazione del debito estero e di tutti i pagamenti che deve effettuare”.
La situazione economica in Venezuela si sta rilevando pericolosissima e presto si potreibe arrivare al default totale.