Venezuela. Francia, Germania e Spagna a Maduro, ‘elezioni subito o riconosciamo Guaidò’

Cina e Russia all'Onu pongono il veto alla mozione Usa, 'ora la questione è morta e sepolta'.

di Enrico Oliari

Si susseguono manifestazioni e scontri in Venezuela, dopo che il presidente dell’esautorato parlamento, il 35enne Juan Guaidó, si è autoproclamato presidente del paese innescando reazioni a favore e contro della comunità internazionale. Il bilancio delle vittime in due giorni di proteste è salito a 26 morti ed oltre 300 feriti, numerosi gli arresti, ma soprattutto i giovani continuano a scendere nelle strade per chiedere le dimissioni di Nicolas Maduro e la fine del regime.
Il parlamento presieduto da Guaidò, eletto democraticamente, è stato semplicemente cancellato con un decreto da Maduro nel 2015, dopo che questi non ne godeva più della maggioranza, e da lì il presidente bolivariano ha innescato una propria riforma costituzionale con tanto di assemblea costituente, ovviamente composta esclusivamente da suoi fedelissimi.
Da allora le proteste antigovernative sono state soffocate nel sangue specialmente per l’impiego di gruppi paramilitari filogovernativi che non hanno esitato a sparare alla testa dei manifestanti, ma più delle manifestazioni a disegnare il disastro in cui versa il paese sono i milioni di venezuelani che stanno cercando di lasciare il paese e i dati dell’economia, con l’inflazione oggi al milione per cento (ma data dal Fmi al 10 milioni per cento entro la fine dell’anno). Nei negozi mancano i generi di prima necessità, i camion con le derrate sono presi d’assalto, manca la corrente elettrica per la maggior parte del giorno e gli uffici pubblici e le scuole restano aperti solo poche ore alla settimana, dal momento che mancano i soldi per pagare docenti e materiale didattico.
Lo scorso agosto è entrato in vigore il Bolivar sovrano, una nuova banconota che ha cancellato 5 zeri rispetto alla precedente, ma è un dato di fatto che ciò che fino a poco fa costava un dollaro, ora ne costa 100mila, e ormai tutto è divenuto proibitivo per chiunque.
Dopo aver nazionalizzato aziende straniere e quindi costretto gli investitori alla fuga, di tutto Maduro ha accusato gli Usa, una scusa a cui oggi non sono disposti a credere neppure i suoi, ed è per questo che l’homo novus Guaidò, fino a poco fa misconosciuto persino in patria, sta riscuotendo consensi interni e all’estero. Al momento Maduro può comunque contare su due alleati chiave, cioè la Cina e la Russia, per cui il ministero degli Esteri di Mosca ha scritto in una nota che il Venezuela è “un partner strategico della Russia che continueremo a sostenere” e che “Staremo a fianco del Venezuela per proteggere la sua sovranità e il principio di non interferenza nei suoi affari interni”. Si tratta di membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu che bloccano ogni iniziativa Usa di un intervento diretto, dal momento che esprimendo l’appoggio degli Usa a Guaidò il segretario di Stato Mike Pompeo ha affermato che “ogni ipotesi resta aperta”. Ed al voto di oggi al Consiglio di sicurezza i due paesi hanno posto il veto alla mozione degli Usa di riconoscere Guaidò come presidente legittimo, per cui, coem si è appreso da fonti cinesi, “la questione è morta e sepolta”.
Con Juan Guaidó sono anche la maggioranza dei paesi dell’America Latina, mentre il Messico ha annunciato la neutralità ed il presidente Andres Manuel Lopez Obrador si è detto disponibile ad ospitare colloqui di pace.
Maduro, che ieri ha definito Guaidò e i suoi “pagliacci”, ha affermato di voler incontrare l’autoproclamato presidente ad interim, ma questi ha respinto l’ipotesi di un colloquio annunciando un’eventuale concessione dell’amnistia a Maduro e a tutti coloro che sono “disposti a mettersi dalla parte della Costituzione”.
L’Unione Europea non si è ancora pronunciata, ma Francia, Germania e Spagna (Italia, se ci sei batti un colpo!) si sono schierate praticamente con Guaidò intimando al presidente Nicolas Maduro di indire entro 8 giorni elezioni presidenziali altrimenti procederanno con il riconoscimento del presidente ad interim.
Elezioni vere, si spera, dal momento che per quelle di maggio (46% di affluenza) sono stati denunciati da più parti brogli, al punto che i paesi del Gruppo Lima (Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Santa Lucia ) avevano richiamato i propri ambasciatori.