di Paolo Menchi –
Come noto, alle elezioni presidenziali del luglio scorso sono seguite roventi polemiche perché, secondo l’opposizione, il presidente Nicolas Maduro non avrebbe vinto con il 51% dei voti, come comunicato ufficialmente, ma avrebbe perso nettamente visto che, sempre secondo questi conteggi, il suo avversario Gonzalez avrebbe ottenuto circa l’ottanta per cento dei consensi.
Già oggi la maggior parte delle Nazioni non ha riconosciuto la riconferma del presidente in carica ed ogni tentativo di mediazione di alcuni paesi vicini è fallito o pare destinato a tale sorte.
Ad avvelenare ancora di più gli animi arriva ora il rapporto del Centro Carter, unico organismo internazionale, insieme ad una piccola commissione dell’ONU, ammesso come osservatore neutrale, visto che l’Unione Europea, ritenuta da Maduro troppo scomoda, era stata esclusa.
In un rapporto presentato dalla responsabile della missione in Venezuela, Jennie Lincoln, di fronte all’assemblea della OEA (Organizzazione degli Stati americani), i risultati delle elezioni del 28 luglio scorso “sono stati manipolati con l’aiuto del CNE (centro nazionale elettorale) e delle Forze armate”.
Secondo la documentazione reperita dal Centro Carter, Gonzalez avrebbe ottenuto circa il 67% dei voti, contro il 31% di Maduro.
Dopo aver visionato la documentazione il segretario generale della OEA, Luis Almagro, ha dichiarato che il processo elettorale in Venezuela “non è stato né giusto né trasparente.”
Quindi cosa succederà adesso? Probabilmente niente, visto che il governo venezuelano ha dichiarato che non è interessato a quello che dicono sia il Centro Carter che la OEA ma propone all’opposizione un accordo per uscire dalla crisi politica.
Secondo la vera leader politica dell’opposizione, Corinna Machado, l’offerta del governo è solo propagandistica perché non prevede tempi, metodi e mediatori internazionali e contropropone un accordo di uscita pacifica dal regime chavista e di transizione verso il nuovo governo votato dagli elettori.