Venezuela. L’Italia obbliga l’Ue a non scegliere: bloccato il riconoscimento a Guaidò

Evidente il proposito del governo di dimostrare ai propri risolutezza in vista delle elezioni europee.

di Enrico Oliari –

EDITORIALE. La riunione “difficile e tesa”, com’è stata definita, dei ministri degli Esteri dell’Ue che si è svolta a Bucarest ha dimostrato per l’ennesima volta l’assenza di una politica estera comune, per cui basta anche il veto di un solo paese (cosa non impossibile su 28) per bloccare l’iniziativa degli altri.
E questa volta è stata l’Italia a mettersi di traverso al riconoscimento dell’autoproclamato presidente del Venezuela Juan Guaidò, dopo che dai palazzi del potere era stato fatto sapere l’intenzione di non permettere che il paese latino-americano finisse “come la Libia”.
All’Italia di Matteo Salvini e di Luigi Di Maio va quindi bene la dittatura di Maduro, l’economia distrutta (oggi siamo al milione per cento di inflazione), le centinaia di giovani manifestanti assassinati dai gruppi paramilitari governativi, il 10 per cento della popolazione in fuga all’estero? No di certo, perché la riunione di Bucarest è riuscita a mettere insieme nientemeno che un gruppo di lavoro che include l’Italia, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Spagna, l’Ecuador e la Bolivia per arrivare entro 90 giorni ad una soluzione politica che preveda nuove elezioni.
L’Italia insomma ha bloccato il riconoscimento di Guaidò, che invece ha dalla sua gli Usa e singolarmente gli altri 27 paesi dell’Ue, compresa la Grecia, che in un primo momento si era dichiarata dalla parte del dittatore venezuelano.
La linea dell’Italia era già stata annunciata dal sottosegretario Esteri Manlio Di Stefano, per il quale “Il governo italiano non sostiene né Maduro né Guaidò perché non siamo tenuti e non ci interessa farlo”, poiché “si rischia una nuova Libia”. “In Venezuela – aveva controbattuto Guaidò nel corso di un’intervista – oggi non c’è il rischio di una seconda Libia, consiglio al sottosegretario Di Stefano di informarsi. Non c’è questo rischio perché oggi il 90% dei venezuelani vuole il cambiamento”.
La strategia dell’Italia, cioè il puntare i piedi in vista delle elezioni europee per dimostrare ai propri che si è capaci di contare in un consesso internazionale, non è destinata a pagare proprio perché o si tiene insieme una linea comune di risolutezza o si rischia di perdere in ogni caso, sia che le cose vadano in un modo che in un altro. E intanto dall’altra parte dell’oceano il Venezuela, paese dove abitano non pochi discendenti di immigrati italiani, è in subbuglio fra manifestazioni, contromanifestazioni, arresti e repressione violenta. Nel disinteresse (su volere dell’Italia) dell’Unione Europea.